La 'ndrangheta può contare su "giudici amici" in Corte di Cassazione che aiutano ad aggiustare i processi? E' questo l'inquietante interrogativo a cui sta cercando di dare una risposta la Dda di Reggio Calabria che ha aperto un'inchiesta proprio per accertare se vi siano contatti proibiti tra affiliati e togati della Suprema Corte. Un'ipotesi, tuttavia, respinta con fermezza dal primo presidente della Corte, Ernesto Lupo, che ha approfittato della cerimonia commemorazione delle stragi di Falcone e Borsellino che si è svolta nell'aula magna per affermare deciso che "in Cassazione non ci sono processi aggiustati". Il sospetto degli inquirenti nasce da una serie di colloqui intercettati in carcere tra Giuseppe Rocco Rechichi, ex dirigente della società Multiservizi, partecipata dal Comune di Reggio (che proprio oggi ha avuto negata la certificazione antimafia dalla Prefettura per tentativi di infiltrazione nelle componente privata della società), e la moglie Maria Lisa Petraia, denunciata per favoreggiamento. Rechichi è stato arrestato nell'aprile 2011 con l'accusa di essere un prestanome della cosca Tegano. In carcere, a novembre del 2011, gli è stata notificata una seconda ordinanza. E in questa occasione vengono arrestati anche i figli. I discorsi in carcere con la moglie vertono su un malanno alla schiena patito dalla donna che richiedo l'intervento del "medico di Roma". Ma la donna, secondo la squadra mobile di Reggio Calabria e lo Sco, che hanno presentano un'informativa alla Procura, non ha alcun disturbo. E quel linguaggio criptico, per gli investigatori, altro non è che un tentativo di celare il vero fine, tentare di arrivare ad una mediazione esterna per la posizione carceraria del marito servendosi di un appoggio terzo di assoluto valore e portanza processuale. C'é anche un altro filone che ha preso la strada di Roma. La Dda, infatti, ha trasmesso alla procura romana i verbali della pentita Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, che nelle scorse settimane, ha sostenuto che il "magistrato di Cassazione Corrado Carnevale era amico di mio suocero" (affermazioni alle quali Carnevale ha reagito sostenendo di non avere mai conosciuto "nessun clan Pesce né alcuna persona che vi appartenga", e di non occuparsi di penale dal 1992), e alcune intercettazioni ambientali dalle quali emergerebbe il tentativo della cosca Pesce di avvicinare un giudice di Cassazione. Lupo, dal canto suo, respinge ogni sospetto sui magistrati dell'Alta Corte, attribuendo le notizie sull'ipotesi di aggiustamento in favore di Rechichi a "un'eccessiva influenza della cultura del sospetto, che è nociva della cultura della legalità". Alla Cassazione, però, si è fatto anche di più: un'immediata verifica interna. Ed il risultato è, spiegano dalla Suprema Corte, che "la natura e il contenuto dei provvedimenti giurisdizionali", riguardanti Rechichi, "il fatto che essi siano ascrivibili a Collegi diversi, di Sezioni e infine la loro corrispondenza ad orientamenti consolidati della giurisprudenza della Corte stessa, escludono in radice, ogni possibile sospetto di 'aggiustamento' dei processi riguardanti il Rechichi". (ANSA).