«Ho sparato per difendermi»: sono queste le prime parole dell’autore della strage di Rizziconi, il 36enne Francesco Ascone, il killer che ha ucciso Remo, Antonio e Francesco Borgese. L’assassino, dopo quattro giorni di latitanza, si è consegnato alla Polizia nel pomeriggio di sabato, fornendo la propria versione sulla drammatica
nottata tra il 28 e il 29 agosto in contrada Spina a Rizziconi. I contenuti dell’interrogatorio, reso al procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo e al pm Francesco Iglio, sono stati illustrati ieri mattina nel corso di una conferenza stampa in Questura. Secondo la tesi dell’assassino all’origine del triplice omicidio ci sarebbe stato un banale diverbio, provocato da urla e schiamazzi di Francesco Borgese, una delle vittime. Un alterco che sarebbe culminato in uno scontro fisico con qualche schiaffo che avrebbe ricevuto la giovane vittima. Convocato per un “regolamento dei conti”, Francesco Ascone, secondo la sua versione, sarebbe stato accolto da alcuni colpi di fucili che l’avrebbero ferito al dorso e alle braccia. Per reazione, e per difendersi, ha estratto una pistola calibro “9”, con la matricola abrasa, che portava con sé e ha aperto il fuoco, uccidendo Remo, Antonio e Francesco Borgese. Padre e figli. Nella sparatoria è rimasto ferito anche un nipote di Remo Borgese, Antonino. Per quattro giorni Francesco
Ascone, raggiunto da un provvedimento di fermo con l’accusa di plurimo omicidio emesso dalla Procura della Repubblica di Palmi, è stato latitante, seppure braccato dai poliziotti della Squadra mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Gioia Tauro che avevano fatto «terra bruciata intorno al sospettato, stroncando ogni contatto con i
probabili fiancheggiatori». In conferenza l’amaro sfogo del procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo e del questore di Reggio Guido Longo: «Indagini difficili e serrate della Polizia in un clima di inaudita omertà davvero da parte di tutti, anche di chi aveva obiettivo interesse a fare luce su questo terribile fatto di sangue».