L’appalto sui lavori della conduzione del gas metano a San Luca sarebbe stato controllato dalla famiglia Mammoliti, alias “fischiante”, che avrebbero imposto alla ditta aggiudicataria dell’opera, da 1 milione e 150 mila euro, la presenza di ditte riconducibili al clan attraverso la formula del “sub appalto non autorizzato”. Sui presunti affari illeciti dei Mammoliti si fonda l’inchiesta della Procura distrettuale, rappresentata dal pm Francesco Tedesco, che vede imputati al processo “Metano a San Luca, che si è aperto ieri davanti alla sezione penale del tribunale di Locri, Antonio Cosmo, Francesco Cosmo, Giuseppe Cosmo, (cl. 77), Giuseppe Cosmo, (cl. 87), Domenico Mammoliti, Francesco Mammoliti, inteso “Fischiante”, Stefano Mammoliti, e di Edmondo Rinaldo Venneri.
Nel procedimento emerge, con un ruolo apicale, la figura di Francesco Mammoliti, (cl. 49), ritenuto capo dell’omonima consorteria di San Luca, che pur ristretto agli arresti domiciliari, secondo le risultanze investigative, sarebbe di fatto il reale proprietario e gestore dell’impresa intestata al nipote Stefano Mammoliti (assistito dall’avv. Antonio Speziale, ieri sostituito dall’avv. Angelica Commisso), attualmente ricercato tra San Luca e Bovalino. I magistrati della Dda contestano a Francesco Mammoliti di essere un esponente di vertice della ‘ndrangheta. Il 62enne, tra l’altro, avrebbe impartito ordini attraverso Domenico Mammoliti, (avv. Sandro Furfaro), ritenuto suo uomo di fiducia.