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Luciano Lo Giudice: Mai favori da Cisterna

Hanno provato a farlo pentire. Hanno cercato di indurlo a “saltare il fosso” come aveva fatto pochi giorni prima il fratello. Una proposta che Luciano Lo Giudice ha vigorosamente smentito. «Perchè io sono innocente, sono estraneo a tutte queste accuse, alle armi, alla ’ndrangheta» ha spiegato ieri, nel processo a capi e gregari della cosca di Santa Caterina  che si sta celebrando in Tribunale (presidente Silvia Capone), lo stesso Luciano Lo Giudice, la mente finanziaria della famiglia.
Una confessione aggrappandosi all’istituto delle dichiarazioni spontanee. Luciano Lo Giudice chiede la parola, in collegamento videoconferenza, e svela il retroscena: «Mi portano nel carcere di Rebibbia annunciandomi un colloquio. Nella stanzetta si presentò Renato Cortese, il capo della Squadra Mobile. Mi disse: “Tuo fratello si è pentito e ti vuole vedere”. Accetto anche se i rapporti con Nino negli ultimi mesi non erano buoni. Mi portano in un’altra stanza dove trovo il giudice Pignatone, Prestipino, Cortese e un altro poliziotto. Non so come comportarmi e chiedo di contattare il mio legale. Me lo portano loro un avvocato, una donna, e mi prospettano l’avvio della collaborazione. Mi hanno addirittura letto il rito della collaborazione. Io non ho e non avevo nulla di cui pentirmi Quando lo riferì a Pignatone alzò la voce».
Luciano Lo Giudice, con la voce rotta per l’emozione, visibilmente provato fisicamente e moralmente, prova a fare chiarezza rispetto «alle tante accuse e alle calunnie ascoltate in aula». Inizia: «Nessuno favore dal giudice Cisterna. Gli ho scritto una lettera alla Dna perchè subivo abusi in carcere. Cercavo consigli, un modo per superare questo orribile periodo.

 

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