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Rodà confidò
al genero:
«Sono camorrista»

Domenico Rodà avrebbe rivestito quantomeno la carica di “camorrista” all’interno del locale di Bruzzano Zeffirio. Fu lo stesso 48enne, caduto vittima di un agguato nei giorni scorsi, ad affermarlo, a quanto risulta da un’intercettazione ambientale registrata all’interno della sua autovettura, nel dicembre del 2004. Su domanda dell’allora fidanzato della figlia – “Ce l’avete la santa voi?”–Domenico Rodà nega e dopo aver cercato di eludere la domanda alla fine afferma: “Sono solo camorrista”. Il contenuto di
quella registrazione si trova agli atti del procedimento penale denominato “Terra chiana”, e in particolare nei motivi della sentenza della Corte d’assise di Locri che condannò all’ergastolo Alessandro Rodà, fratello di Domenico, e il cugino Francesco Talia, riconosciuti colpevoli dell’omicidio di Giuseppe Sculli “u pitaci”. Le indagini condotte da carabinieri e polizia ebbero inizio dopo il duplice omicidio di Paolo Rodà e del figlioletto, avvenuto nel 2004. Dalle numerose conversazioni registrate emersero diversi particolari anche su altre vicende criminose nel territorio compreso tra Africo e Brancaleone, compresi Bruzzano e Ferruzzano, con personaggi coinvolti nella faida di Motticella. Nel ritenere esistente una consorteria “Rodà-Talia”, i giudici dell’Assise di Locri avevano richiamato l’attenzione sui contenuti delle numerose intercettazioni che riguardavano i due imputati, ma anche loro congiunti colpiti da ordini di carcerazione con l’accusa di associazione mafiosa, però non ritenuta poi sussistente dalla Cassazione. Di Domenico Rodà i giudici di Locri sottolineano l’appartenenza «senza ombra di dubbio» alla ‘ndrangheta. Il 48enne, del resto, in primo grado era stato condannato a 10 anni di reclusione, scesi in appello a 3. Nel marzo del 2005 in un’altra conversazione, anche questa registrata nella sua auto, emerge l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta attiva a Bruzzano, in cui sarebbe inserito Rodà, secondo i giudici di Locri «avente pieno titolo, in quanto tale, ad imporre il pagamento di tangenti agli imprenditori che intendono operare nel territorio di competenza».

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