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Processo Minotauro,
il pentito Marando
vuota il sacco

rocco marando
Con l'audizione di Rocco Marando, uno dei pentiti di 'ndrangheta piu' importanti della procura di Torino, è ripreso oggi nell'aula bunker delle Vallette il maxi processo 'Minotauro' contro la criminalità calabrese che opera in Piemonte. Marando, collegato in audioconferenza con una località segreta e, a differenza di quanto avvenuto nell'udienza precedente, quando aveva protestato per il trattamento economico riservato ai collaboratori di giustizia dal ministero dell'Interno, ha accettato di rispondere alle domande. Nell'inchiesta Minotauro ha testimoniato contro i suoi più stretti familiari."Ho sempre detto la verità", sono state e prime parole che ha rivolto al giudice Paola Trovati. Il padre e tre dei suoi otto fratelli, a partire dal 1979, sono stati uccisi da rivali nel corso di regolamenti di conti.

Si è parlato anche del sequestro di Cesare Casella, il giovane di Pavia rapito dalla 'ndrangheta nel 1988 e liberato dopo due anni di prigionia. "Vi partecipammo anche noi" ha detto "perché quando c'é un sequestro vengono coinvolte tutte le famiglie". All'epoca i Marando erano già insediati a Volpiano (Torino). "Vennero da noi - ha raccontato - quattro di San Luca. Noi mettemmo dei mobili vecchi nel loro camion lasciando uno spazio vuoto che doveva servire per nascondere e trasportare Casella". "Con droga e sequestri - ha ancora detto - si facevano soldi facili. Erano tempi d'oro". Marando ha affermato che la sua famiglia guadagnò l'equivalente di milioni di euro: il patrimonio del fratello Pasquale, nel 1999, quando venne ucciso, era circa 65 miliardi di vecchie lire. "Me lo disse un altro fratello, Nicola, ma a me oggi sembrano addirittura pochi". "Quando non erano investiti o consegnati ad altri - ha precisato - i soldi si nascondevano in quello che voi chiamate bunker e io chiamòcamera sottoterra. Una volta vennero fatti cementare in tre bidoni 35 milioni di dollari in tre bidoni".

"La 'ndrangheta si occupa di trovare i giudici giusti da corrompere'': lo ha detto , ma senza fare nomi né citare episodi precisi, tanto che il presidente del tribunale, Paola Trovati, lo ha rimproverato. "Questa è una cosa di grande importanza. Siamo noi i primi a voler sapere se ci sono magistrati corrotti. E allora ci servono cose concrete e precise". Nel corso della sua audizione Marando aveva accennato per sommi capi a una sola vicenda. Dal suo racconto era sembrato trattarsi di un presunto tentativo di corruzione non andato a buon fine. "Bisognava fare uscire dal carcere uno dei miei fratelli dando del denaro all'avvocato difensore, Alfredo Biondi (ex ministro della giustizia - ndr), perché se la vedesse con il giudice. Io stesso portai i soldi dalla Calabria, e li consegnai a mia cognata. Ma mio fratello non uscì e, anzi, gli aggravarono la condanna. E non lo difese nemmeno Biondi ma il figlio. Andò a finire che ci facemmo restituire il denaro". Di altri casi, visto che il pentito non ha saputo fare altro che riferire considerazioni generiche apprese da altri personaggi, non si e più parlato.

"La 'ndrangheta ha interessi nell'edilizia. Vi dico solo questo: quando è stata rifatta l'autostrada Torino-Milano, la parte al di qua di Novara era di quelli di Volpiano, la parte al di là di Novara era dei milanesi".  Secondo il pentito, nella zona operavano diversi gruppi che, tra l'altro, hanno ottenuto incarichi per la costruzione di edifici di pertinenza di Nevio Coral, ex sindaco di Leinì, l'unico politico che compare fra i 73 imputati. (ANSA)

 

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