Si e' conclusa con una condanna e 16 rinvii a giudizio l'udienza preliminare davanti al gup di Reggio Calabria nei confronti di altrettanti presunti affiliati alla cosca Pesce di Rosarno coinvolti nelle inchieste Califfo 1 e 2. Con il rito abbreviato il gup, accogliendo le richieste del pm distrettuale Alessandra Cerreti, ha condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione Giuseppe Alviano che secondo gli investigatori era al vertice della cosca con il compito di ricostituirla dopo i numerosi arresti subiti in seguito ad operazioni coordinate dalla Dda di Reggio Calabria. Il giudice ha anche stabilito una provvisionale di 4.000 euro per la Provincia di Reggio Calabria e di 10 mila euro per il Comune di Rosarno che si sono costituiti parte civile. Il processo per gli imputati che hanno scelto il rito ordinario inizierà il 24 gennaio davanti ai giudici del Tribunale di Palmi. L'inchiesta era nata dopo il ritrovamento, in carcere, di un "pizzino" del presunto boss Francesco Pesce, di 35 anni, nel quale erano contenute quattro direttive. Con la prima, secondo gli investigatori, Pesce accreditava dal punto di vista criminale l'unico maschio libero della sua famiglia, il fratello Giuseppe, latitante dal 2010, al quale cedeva il comando della cosca, indicando anche coloro che avrebbero dovuto affiancarlo. E tra i nomi, uno, quello di "Pino 'u ropsu'", secondo l'accusa, è Alviano. Sviluppando le informazioni contenute nel biglietto, i carabinieri hanno condotto le operazioni Califfo 1 e 2 alle quali hanno contribuito anche le dichiarazioni di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia che si è suicidata nell'agosto 2011 a Rosarno, non riuscendo più a sopportare le pressioni dei propri familiari. (ANSA)