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Brigadiere Gdf
nega amicizia
con boss Femia

Con Nicola Femia, il presunto boss della 'ndrangheta arrestato mercoledi' scorso nel ravennate, c'erano stati solo contatti sporadici legati a compiti di servizio. E con il commercialista di Femia, anche lui finito in carcere nella stessa operazione della Dda di Bologna che ha portato all'applicazione di 29 misure restrittive, c'é solo un legame che ruota attorno a una società locale di basket. E' quanto, in buona sostanza, il brigadiere della guardia di Finanza Giuseppe Lo Monaco, 50 anni, originario di Ragusa ma da tanti anni in servizio alla Tenenza di Lugo, ha sostenuto in mattinata nell'interrogatorio di garanzia per rogatoria davanti al Gip ravennate Piervittorio Farinella. L'uomo, unico degli arrestati a essere finito nel carcere di Ravenna, alla presenza dei suoi avvocati - Raffaele Coletta e Lorenzo Valgimigli - ha parlato per più di due ore rispondendo sia alle domande del giudice che attingendo dagli appunti che si era preparato. Per il finanziere è stata chiesta dai legali la libertà o, in subordine, i domiciliari. Un'istanza trasmessa per competenza a Bologna. Se dovesse dare esito negativo, la difesa è pronta a ricorre al Tribunale della Libertà.
Su Femia, 51enne originario di Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria), ma dal 2002 residente in una villa a Sant'Agata sul Santerno (Ravenna), ha precisato di conoscerlo e di averlo incontrato alcune volte, ma ha sottolineato di non avere un rapporto d'amicizia con lui e di non avere mai partecipato a riunioni conviviali. Del resto il brigadiere è uno dei maggiori esperti di indagini sulle slot machine. Era stato uno dei protagonisti di "Wild Bet", l'inchiesta che tra il 2004 e il 2005 aveva smascherato un circuito finanziario parallelo creato sulla base di macchinette apparentemente normali installate in diversi locali pubblici soprattutto della Romagna per un totale di ben 38 indagati dei quali otto arrestati. Per quanto riguarda il 56enne commercialista Ettore Negrini, che come lui abita a Massa Lombarda, Lo Monaco ha confermato la buona conoscenza legata al fatto che il primo è presidente e uno degli sponsor del club di basket nel quale lui allena i piccoli. Dal punto di vista tecnico, la difesa ha lamentato la sproporzione della misura cautelare adottata: il brigadiere, accusato di concorso esterno in associazione per delinquere, è finito in carcere; mentre altri, accusati di fare attivamente parte dell'associazione, sono ai domiciliari. "Una contraddizione insanabile", l'ha definita l'avvocato Valgimigli. (ANSA)

 

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