«Mi chiamano mastro perché facevo il sarto, non per altro». Lo ha puntualizzato nel processo in ordinario “Crimine” Giuseppe Commisso, 66 anni, chiamato a deporre come teste a discarico. Un appellativo, quello di “mastru”, che a suo dire non avrebbe altro significato se non quello riconducibile alla qualifica “professionale” di maestro artigiano, da ricondurre alla sua precedente attività lavorativa. Commisso, attualmente detenuto a Novara (condannato in abbreviato in primo grado a 14 anni), ha deposto quale imputato in procedimento connesso in video collegamento su richiesta dell’avv. Massimiliano Spitaleri, che assiste l’imputato Roberto Commisso, accusato di associazione mafiosa.
Giuseppe Commisso ha sottolineato che negli ultimi anni gestiva la lavanderia “Ape Green”, di cui titolare era la figlia, situata nel piano seminterrato del centro commerciale “I Portici”, i cui titolari sono suoi prossimi congiunti: «Ricordo che a volte veniva anche Roberto a prendere i soldi dell’affitto – ha detto il Mastro – mentre a volte io stesso li portavo ai proprietari della struttura».