«Guido Brusaferri si considerava l’assessore ai lavori pubblici della cosca Cordì. Guido Brusaferri mi disse di avere agganci politici a Locri per conto dei Cordì. Lui disse che l’agguato nei suoi confronti rientrava nella faida con i Cataldo, che lo consideravano uomo di spicco della cosca Cordì. Mi disse che era un “pupillo” di Cordì il ragioniere, e mi disse che si stava trattando la pace con i Cataldo, ma che lui era scettico perché sarebbe stata una pace finta, dal momento che c’erano stati troppi morti. Lui mi diceva che comunque non bisognava far capire alle forze dell’ordine che c’era stata la faida, per non dare conferme nei processi e nelle indagini».
È questo uno dei passaggi più rilevanti del contenuto del verbale di dichiarazioni rese il 5 febbraio scorso da Antonio Cossidente, l’ex boss dei basilischi ovvero della cosiddetta “Quinta mafia”, collegata con la ’ndrangheta calabrese, che opera nel territorio lucano, in carcere dal 23 novembre del 2009 a seguito dell’arresto da parte dei carabinieri contro le infiltrazioni della mala nel Potenza sport club.