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Anche i lavoratori
costretti a pagare
il “pizzo”

 Dipendenti sfruttati, ricattati e vessati. Lavoratori condannati a pagare il “pizzo”. Erano due imprenditori senza scrupoli Gaetano Tomasello e Brunella Fortunata Latella, marito e moglie, i vertici del gruppo imprenditoriale che gestiva la catena dei supermercati a marchio “Doc Market” e il “Cordon Bleu”, uno dei bar simbolo della città, tappa obbligata per chi è a passeggio sul Corso Garibaldi. I dipendenti erano nella morsa dei datori di lavoro. Per loro non c’era alternativa: o pagavano dazio o rimanevano senza lavoro. Poco importava se fossero capaci o con una famiglia sulle spalle: la regola consisteva nel restituire una quota dello stipendio a Gaetano Tomasello (nel 2010 una breve apparizione nelle vesti di consigliere comunale) e Brunella Fortunata Latella, oppure a Damiano Viglianisi, un ex dipendente, trasformato nel titolare del “Cordon Bleu” ma che per gli inquirenti era il prestanome di fiducia. Tutti rinunciavano a parte dello stipendio: dai 150 ai 270 euro. E di tredicesima o quattordicesima, come dei festivi nemmeno l’ombra. Firmavano la busta paga, incassavano l’assegno per poi restituire in contanti la “mazzetta”. Ad uno ad uno i dipendenti del “Cordon Bleu”e dei supermercati “Doc Market”hanno trovato il coraggio di denunciare l’oppressione subita. Ai militari della Guardia di Finanza, che hanno operato sotto le direttive del colonnello Claudio Petrozziello e del pm della Dda Stefano Musolino, hanno raccontato tutto. Quando il primo dipendente si oppose al “giochetto” dei datori di lavoro si ritrovò con una lettera di licenziamento. Ufficialmente «per riduzione dei personale», ma sostanzialmente perchè si era rifiutato di accettare la tangente. E non cambiò proprio nulla quando si registrò il passaggio di consegne dalla “Doc Market srl” alla “Sgc srl.”. Evidenzia il gip Tommasima Cotroneo nella carte dell’ordinanza “Azzecca Garbugli”: «Nulla era cambiato nella governance aziendale che era rimasta saldamente in mano ai coniugi Tomasello- Latella che si avvalevano del Viglianisi quale mero esecutore delle loro scelte operative». E della sussistenza di un diffuso clima di intimidazione ambientale implicito hanno riferito all’unisono gli altri dipendenti. In dieci, autonomamente, hanno spiegato agli 007 della Guardia di Finanza come funzionasse il sistema retributivo. Emblematico il racconto di una dipendente: «In un’occasione ho preteso il pagamento delle presenze festive indicate nella busta paga, perchè non me li volevano corrispondere. Quando sollevai il problema per tutta risposta non mi hanno voluto pagare l’intero stipendio». La situazione si diradò quando si registrò un blitz dei carabinieri nel bar sul Corso Garibaldi: «Ritengo per paura di eventuali conseguenze giudiziarie, mi venne pagato lo stipendio compresi i festivi, ma sempre ho dovuto restituire 120 euro mensili». Drammatica l’ammissione di una dipendente: «Non è mai capitato che io abbia ricevuto lo stipendio come da busta paga anzi dovevo restituire l’intera somma del titolo che corrispondeva al salario della busta paga. Non ho mai pensato di non restituire l’importo dell’assegno, perchè era prassi consolidata dell’azienda adeguandomi gli altri colleghi, pertanto non ho mai pensato ad un mio effettivo licenziamento anche perchè ho necessità di lavorare e non posso permettermi di restare senza lavoro». Non era diverso al “Doc Market”. Forse peggio. Un giovane di 23 anni, salumiere presso il punto vendita a Gallico ha spiegato: «Ho lavorato per circa sei mesi al nero. Percepivo 700 euro al mese. Poi sono stato assunto, ma rispetto a una busta paga di 1200-1300 euro che firmavo prendevo sempre 700 euro in contanti. Non ho mai percepito 13^ o 14^ mensilità. Sapevo che se non avessi accettato tali condizioni sarei stato licenziato o comunque costretto ad andarmene». Altra gesta di arroganza, tracotanza si ripetono anche quando viene notificato il sequestro delle aziende che facevano capo a Gaetano Tomasello: «Nonostante la presenza dell’amministrazione giudiziaria, Gaetano Tomasello aveva continuato “a farla da padrone” nei locali del “Cordon Bleu”, prelevando in una circostanza denaro dalla cassa, consumando una cena e del caffè senza pagare, prelevando del gelato senza pagare “gridando” a gran voce e con arroganza ai dipendenti la permanenza del suo controllo e della sua gestione nonostante l’avvenuto sequestro». Il quadro delineato dagli inquirenti è chiaro quanto drammatico: «In particolare, i soggetti coinvolti, approfittando della situazione di depressione del mercato del lavoro e della conseguente debolezza contrattuale dei lavoratori dipendenti, mediante minaccia implicita, hanno costretto i dipendenti a consegnare, ovvero a rinunciare, ad una quota dello stipendio mensile risultante dalla busta paga, nella misura variabile per ciascuno di essi dai 130,00 ai 230,00 euro mensili».

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