Di nuovo di scena, nel processo “Archi Astrea” che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale presieduto da Giuseppe Campagna (Romeo e Aragona a latere, Lombardo pm), Roberto Moio, una vita da “uomo di punta” della cosca di Archi ma che da settembre 2010 è diventato collaboratori di giustizia. Nell’udienza di ieri Moio è stato sottoposto a controesame da parte delle difese degli imputati accusati di far parte della cosca Tegano.
In apertura il pm Giuseppe Lombardo ha concluso l’esame del collaboratore avviato nella scorsa udienza, con domande per lo più incentrate sulle figure dei fratelli Lavilla (anch’essi imputati nel procedimento de quo); dopodiché è toccata la parola all’avvocato Lorenzo Gatto, seguito dai colleghi Manlio Morcella, Giuseppe Cartolano, Adele Manno, Carlo Morace e Francesco Calabrese.
Dalle risposte fornite dal collaboratore di giustizia, a seguito delle varie domande postegli dal collegio difensivo, è emerso che prima dell’inizio della collaborazione Roberto Moio, già dal 2004, aveva incontrato alcuni funzionari della Polizia manifestando la volontà di collaborare, disponibilità manifestata con l’attività di “informatore” soprattutto relativamente alla cattura di Giovanni Tegano (zio di Moio), che però non andò a buon fine. Da quel momento la cosca tenne Tegano “lontano” da Moio, che rimase nella cosca per altri 6 anni.
Di nuovo di scena, nel processo “Archi Astrea” che si sta celebrando davanti al Tribunale collegiale presieduto da Giuseppe Campagna (Romeo e Aragona a latere, Lombardo pm), Roberto Moio, una vita da “uomo di punta” della cosca di Archi ma che da settembre 2010 è diventato collaboratori di giustizia. Nell’udienza di ieri Moio è stato sottoposto a controesame da parte delle difese degli imputati accusati di far parte della cosca Tegano.In apertura il pm Giuseppe Lombardo ha concluso l’esame del collaboratore avviato nella scorsa udienza, con domande per lo più incentrate sulle figure dei fratelli Lavilla (anch’essi imputati nel procedimento de quo); dopodiché è toccata la parola all’avvocato Lorenzo Gatto, seguito dai colleghi Manlio Morcella, Giuseppe Cartolano, Adele Manno, Carlo Morace e Francesco Calabrese. Dalle risposte fornite dal collaboratore di giustizia, a seguito delle varie domande postegli dal collegio difensivo, è emerso che prima dell’inizio della collaborazione Roberto Moio, già dal 2004, aveva incontrato alcuni funzionari della Polizia manifestando la volontà di collaborare, disponibilità manifestata con l’attività di “informatore” soprattutto relativamente alla cattura di Giovanni Tegano (zio di Moio), che però non andò a buon fine. Da quel momento la cosca tenne Tegano “lontano” da Moio, che rimase nella cosca per altri 6 anni.
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