Reggio

Domenica 05 Maggio 2024

Anche i lucani obbedivano a "Gambazza"

Il Tribunale di Locri

«La ‘ndrangheta è una, ma le cosche della ionica sono le più quotate a livello criminale», tanto che «anche le ‘ndrine di Potenza dal 2001 rispondevano a San Luca e alla famiglia Pelle “gambazza” in particolare, che fungeva da “garante” per tutta la ‘ndrangheta». È uno dei passaggi principali contenuti nell’interrogatorio del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, uno dei capi del gruppo “dei Basilischi”, ovvero della cosiddetta “quinta mafia” operante in Basilicata, il cui verbale si trova al fascicolo della pubblica accusa nel processo “Crimine”, dinanzi al Tribunale di Locri. 
In quel procedimento penale il pm Giovanni Musarò, della Dda reggina, ha chiesto di sentire quattro collaboratori di giustizia, compreso l’ex boss potentino, attualmente residente in una località protetta. Sul punto il collegio (presidente Sicuro, giudici consiglieri Cosenza e Sergi) si è riservato di pronunciarsi all’esito dell’intervento dei difensori.
Ritornando al verbale dal 47enne collaboratore lucano, reso il 5 febbraio scorso davanti al pm Antonio De Bernardo, Cossidente riferisce che nel 2001 il defunto patriarca Antonio Pelle “gambazza”, era «il capo crimine», che secondo i magistrati dell’antimafia equivale al vertice della cupola della ‘ndrangheta, chiamata “provincia”, con sede presso il Santuario mariano di Polsi. Il teorema della Procura distrettuale, che sostiene l’esistenza dell’unitarietà della criminalità organizzata calabrese, trova quindi riscontro anche nelle dichiarazioni di Cossidente,

«La ‘ndrangheta è una, ma le cosche della ionica sono le più quotate a livello criminale», tanto che «anche le ‘ndrine di Potenza dal 2001 rispondevano a San Luca e alla famiglia Pelle “gambazza” in particolare, che fungeva da “garante” per tutta la ‘ndrangheta». È uno dei passaggi principali contenuti nell’interrogatorio del collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, uno dei capi del gruppo “dei Basilischi”, ovvero della cosiddetta “quinta mafia” operante in Basilicata, il cui verbale si trova al fascicolo della pubblica accusa nel processo “Crimine”, dinanzi al Tribunale di Locri. In quel procedimento penale il pm Giovanni Musarò, della Dda reggina, ha chiesto di sentire quattro collaboratori di giustizia, compreso l’ex boss potentino, attualmente residente in una località protetta. Sul punto il collegio (presidente Sicuro, giudici consiglieri Cosenza e Sergi) si è riservato di pronunciarsi all’esito dell’intervento dei difensori.Ritornando al verbale dal 47enne collaboratore lucano, reso il 5 febbraio scorso davanti al pm Antonio De Bernardo, Cossidente riferisce che nel 2001 il defunto patriarca Antonio Pelle “gambazza”, era «il capo crimine», che secondo i magistrati dell’antimafia equivale al vertice della cupola della ‘ndrangheta, chiamata “provincia”, con sede presso il Santuario mariano di Polsi. Il teorema della Procura distrettuale, che sostiene l’esistenza dell’unitarietà della criminalità organizzata calabrese, trova quindi riscontro anche nelle dichiarazioni di Cossidente,

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