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Rapinavano escort,
incastrati dal telefonino

Nonostante la giovane età erano freddi, spietati e pianificavano con cura ogni mossa. Da quel che emerge dalle indagini svolte dai Carabinieri, si tratta di veri esperti del crimine che non si facevano scrupoli a rapinare giovani prostitute sudamericane. I Carabinieri di Reggio Calabria, ieri mattina, hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale Adriana Trapani dal gip dei Minori Sebastiano Finocchiaro, nei confronti di altrettanti giovani reggini, ritenuti responsabili di tre rapine aggravate in danno di escort sudamericane, commesse in città nei mesi di febbraio e marzo di quest’anno. All’alba le manette sono scattate ai polsi di Giuseppe Rodà, classe 1994, Giorgio Puntorieri, classe 1994, Giuseppe Papasergio, classe 1993, e Benito Marra Mentola, classe 1994, che sono stati ristretti nella casa circondariale di via San Pietro, così come Alfonso Molinetti, classe 1995, all’epoca dei fatti minore ma che nel frattempo ha raggiunto la maggiore età. Il sesto appartenente al branco è il diciassettenne R.A., che è stato raggiunto dalla misura di custodia nel carcere minorile di Potenza dove si trovava già ristretto perché ritenuto responsabile di un’altra rapina in abitazione. Il modus operandi era sempre lo stesso: dopo aver individuato le vittime tramite annunci pubblicati sul web, uno dei rapinatori si fingeva cliente e si presentava nell’abitazione delle malcapitate vittime. Una volta entrato, per le donne iniziava l’incubo. Il finto cliente le minacciava con una pistola e faceva entrare in casa i complici. Dopo aver legato e immobilizzato le vittime, frugavano in tutta la casa in cerca di soldi, preziosi, telefonini. Dopo avere ultimato la rapina continuavano a minacciare pesantemente le vittime di non chiamare subito i soccorsi. In una rapina, una delle vittime è stata colpita con il calcio della pistola. Secondo i carabinieri, la sfrontatezza dei giovani rapinatori era tale da farli agire a volto scoperto e anche in abitazioni che avevano frequentato in precedenza come clienti delle escort che poi rapinavano. Decisiva è stata la collaborazione offerta dalle vittime che ha consentito ai militari della Compagnia cittadina di individuare il gruppo e mettere fine alle scorribande del branco. È stata proprio quella tecnologia tanto amata e utilizzata dagli autori dei reati a consentirne l’identifica - zione. Uno dei rapinatori ha contattato una vittima per fissare un appuntamento. Dopo la rapina la donna ha inserito quel numero a lei sconosciuto nella sua rubrica e subito l’applicazione WhatsApp, a quel numero ha abbinato una foto. La ragazza – in questa storia anche le vittime sono poco più che adolescenti –, ha riconosciuto in quella foto uno degli autori della rapina, lo stesso che era già stato suo cliente. Non appena la vittima si è presentata ai Carabinieri con quell’indizio decisivo è iniziato il lavoro certosino dei militari. I carabinieri hanno cominciato un’intensa attività investigativa, fatta di intercettazioni, analisi dei tabulati telefonici, controllo dei profili dei social network più diffusi e appostamenti. Le indagini hanno consentito ai militari, nel giro di pochi giorni, di identificare gli autori delle rapine. L’inchiesta è stata diretta su un duplice binario: dalla Procure della Repubblica e da quella dei Minori, in particolare dal sostituto procuratore Luca Miceli e dal procuratore dei minori Carlo Macrì. Alla base della richiesta della misura cautelare avanzata dal pm al gip (che l’ha accolta) vi sono le solide motivazioni: numero delle rapine commesse in un breve lasso temporale (febbraio- marzo 2013), il numero dei partecipanti ai singoli episodi delittuosi, la disponibilità di un’ar - ma, le modalità delle condotte poste in essere dimostrano sia che le rapine contestate agli indagati, lungi dall’essere frutto di determinazioni estemporanee, rappresentano il frutto di piani ben programmati e sia che gli autori hanno agito con fermezza e scaltrezza nonostante sapessero di poter essere riconosciuti, in quanto clienti o per la presenza di circuiti di videosorveglianza nei pressi degli appartamenti presi di mira. Il movente alla base delle condotte poste in essere dagli indagati è economico; la freddezza e la programmazione che ne hanno caratterizzato la fase esecutiva, nonchè l’assoluta futilità dei motivi. Dalle indagini è emerso, infine, che le modalità dei reati e la scelta delle vittime inducono a riscontrare un elevato grado di pericolosità degli indagati che, pur se incensurati, hanno dimostrato di non aver alcun rispetto per l’in - columità della persona e di aver man mano perso i freni inibitori ponendo in essere condotte via via più cruente; infatti negli ultimi due episodi le vittime, oltre ad essere minacciate con una pistola, sono state legate, imbavagliate e prese a schiaffi.

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