Alla soglia degli 80 anni si era consacrato come il contatto privilegiato in Colombia delle ’ndrine della Locride e della cosca Mancuso di Limbadi nei traffici internazionali di cocaina. Un broker della droga affidabilissimo, Santo Giuseppe Scipione, classe 1933 (1 novembre), nativo di San Luca, residenza a Bianco e una seconda vita a Medellin, la roccaforte colombiana del narcotraffico, per sfuggire alle maglie della giustizia dopo l’ordine di arresto per l’operazione “Decollo” (gennaio 2004) e la condanna a 15 anni e 60 mila euro di multa che nel 2012 gli ha inflitto il Tribunale di Vibo Valentia.
IL PERSONAGGIO. Conosciuto da tutti con il nomignolo “Papi”, proprio per l’età avanzata e il carisma da anziano patriarca che si era cucito addosso con il trascorrere degli anni, Santo Giuseppe Scipione - latitante dal 2006 anche se risulta irreperibile dal 28 gennaio 2004 - è stato catturato in Colombia lo scorso 27 aprile dai carabinieri del Ros di Reggio e Roma che hanno operato gomito a gomito con la Policia Nacional Grupo Siu di Bogotà. Viveva in una fazenda alle porte di Medellin, con la compagna e i figli, dopo essere scomparso dalla Jonica reggina per curare «al meglio gli affari della droga». «Era uno dei principali elementi di raccordo con i trafficanti colombiani legati alle Autodefensas di Colombia» hanno spiegato i magistrati e i vertici del Comando provinciale reggino dei carabinieri in conferenza stampa. I segugi del Raggruppamento operativo speciale l’avevano intercettato in Sud America da almeno un anno. Da quando, nel maggio 2012, gli 007 italiani sono risusciti ad immortalarlo mentre parlottava con Domenico Trimboli, l’altro potentissimo broker della droga catturato il 24 aprile sempre a Medellin dalla Polizia. Solo immagini fotografiche per gli uomini del Ros: sui contenuti della conversazione «è facile immaginare che stessero pianificando una colossale compravendita di stupefacenti» hanno ammesso gli inquirenti. A tratteggiare il profilo criminale di Santo Giuseppe Scipione si sono alternati i procuratori di Reggio e Catanzaro, Federico Cafiero De Raho e Vincenzo Lombardo, l’aggiunto della Dda reggina Nicola Gratteri, il vice comandante nazionale del Ros Pasquale Angelosanto, il comandante provinciale dell’Arma reggina, colonnello Lorenzo Falferi, e il suo braccio destro colonnello Carlo Pieroni, il vicequestore Giampiero Messinese dell’Interpol, il maggiore Leandro Piccoli del Ros di Reggio e il capitano Massimiliano D’Angeloantonio del Raggruppamento operativo speciale di Roma.
IL PASSATO CRIMINALE. Anche Scipione era finito nella rete del Ros e della Dda di Catanzaro che aveva smantellato nel gennaio 2004 un’organizzazione di narcotrafficanti sull’asse Limbadi-Sud America con l’arresto di 154 persone, il sequestro di oltre 5.000 chili di cocaina e la documentazione dell’importazione di altri 7.800 chili movimentati tra il Sud America, l’Europa, l’Africa e l’Australia. Proprio con l'inchiesta “Decollo” per la prima volta era stata applicata la normativa antiterrorismo che aveva permesso ai carabinieri di operare sotto copertura, in Italia ed all’estero. In precedenza dopo l’arresto, nel febbraio 1999 a Milano del boss della droga super latitante Giuseppe Mancuso, le indagini avevano portato all’individuazione di un canale di approvvigionamento della droga dal Sud America. Nell’organizzazione, collegata narcotrafficanti spagnoli ed australiani, si integravano una cellula vibonese, che ruotava intorno alle figure di Vincenzo Barbieri e Francesco Ventrici, una ramificazione colombiana ed una componente del litorale jonico di Reggio sotto la regia di Natale Scali, catturato nel 2003 a Marina di Gioiosa Jonica dopo cinque anni vissuti alla macchia, e Pasquale Marando, boss della droga di Platì. Secondo la tesi degli inquirenti Santo Scipione aveva scalato gradini importanti nelle gerarchie del narcotraffico internazionale anche se, annota l'intelligence dell'Arma in una relazione di servizio, «in una circostanza, a causa di alcuni dissidi nati con un’organizzazione fornitrice dello stupefacente, l’80enne Scipione, essendo preoccupato per la propria incolumità, aveva chiesto proprio a Scali di intercedere con i colombiani per chiarire la vicenda». Riuscendoci.
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