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Da Gallicianò al
Viterbese i fiumi
d’oro delle ’ndrine

Sono partiti da Gallicianò, piccolissimo centro aspromontano dove vivono circa duecento abitanti, con un furgone mezzo scassato. La loro meta era il cuore dell’Italia, quella tranquilla terra laziale ai confini con l’Umbria, che volevano trasformare nel leggendario “El Dorado” la terra dove l’oro scorreva a fiumi. Da Gallicianò Giuseppe Nucera (cl.46) e Antonio Nucera (cl. 55) avevano individuato il Viterbese come la base ideale per riciclare il denaro sporco della ’ndrangheta. «Una volta stabilitisi nel Lazio in circa cinque mesi quel furgone mezzo scassato con cui erano giunti è stato sostituito da dieci furgoni nuovi e ciò ha insospettito non poco i Carabinieri del posto che ci hanno subito informato», ha dichiarato il comandante provinciale dell’Arma Lorenzo Falferi. E dopo quella segnalazione «i militari hanno lavorato in silenzio per due anni – ha proseguito il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – arrivando a centrare questo risultato. I Carabinieri sono stati bravi a intuire il filo logico che univa alcuni locali di ’ndrangheta presenti nel piccolo centro di Condofuri in cui si viveva un particolare fermento criminale. Soprattutto con la famiglia Nucera che aveva costruito un ponte con il Viterbese per riciclare il denaro della ’ndrangheta che, secondo le intercettazioni ambientali, veniva trasportato dentro capienti bidoni». Secondo l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dal sostituto Antonio De Bernardo, i fratelli Nucera e Corso avrebbero preso circa 600 mila euro dalla Calabria e li avrebbero reinvestiti nelle ditte Nucera Trasporti, Vitercalabra ed Ortofrutta Cimina. La restituzione del denaro avveniva mediante l’invio mensile di 7.500 euro e di 50.000 euro una tantum ad Antonio Nucera che li restituiva a chi aveva dato il credito. E tra coloro che figurano come “finanziatori” della famiglia Nucera c’è anche l’anziano Rocco Musolino – che però non risulta indagato – il quale era stato raggiunto da Antonio Nucera tramite Domenico Vitale. «Quest’operazione – ha detto ancora Gratteri – conferma la straordinaria capacità della 'ndrangheta di espandersi e insediarsi con successo criminale in ogni territorio, nazionale e internazionale. I carabinieri ha svolto un lavoro efficace e profondo che ha trovato riscontro anche nelle determinazioni del gip Silvana Grasso. Emerge, purtroppo, un quadro compiuto delle febbrili attività nel campo del riciclaggio anche in province, come quella di Viterbo, relativamente tranquille sotto il profilo delle dinamiche della criminalità organizzata». I tentacoli della ’ndrangheta, dunque, non risparmiano neanche un angolino di Italia. Tanto che negli ultimi 20 giorni con le operazioni “Ghost track” e “El Dorado” Francesco e Domenico Nucera, due dei 22 destinatari di questi ultimi ordini di custodia cautelare, erano già stati catturati lo scorso 16 aprile a Viterbo in un’operazione congiunta di Guardia di Finanza e Polizia. In “Ghost track” si erano resi protagonisti, insieme con altre sei persone finite in manette e 17 denunciate, di un complesso sistema di truffa ai danni di assicurazioni e operatori commerciali per circa due milioni di euro. Grazie a una serie di basi e di appoggi dal Nord al Sud dell’Italia, noleggiavano macchine operatrici per il movimento terra, le facevano sparire a Malta e ne denunciavano il furto. Conclusa dopo due anni di indagini, l’operazione “Ghost track” era appena valsa ai Nucera e agli altri una lunga lista di reati contestati: associazione per delinquere, simulazione di reato, falso in atti, utilizzo di atti falsi, truffa, appropriazione indebita. Con “El Dorado” le accuse si alzano su un altro livello, quello dell’associazione di tipo mafioso. E anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, si è congratulato con il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l’operazione. «Grazie al prezioso lavoro di sinergia tra le forze dell’ordine e la magistratura – ha commentato Alfano –i è stato inferto un durissimo colpo ad una delle più pericolose organizzazioni criminali operanti anche fuori del territorio calabrese. Questo ottimo risultato accresce, quindi, la fiducia dei cittadini nello Stato e rafforza il controllo del territorio, sottraendo alla criminalità organizzata le risorse di cui si nutre ».

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