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Condanna a 14 anni
per "la mamma"

antonio pelle

 Il super ricercato boss di San Luca Antonio Pelle, detto “Vanchelli”o “la Mamma”, autore della clamorosa fuga dall’ospedale di Locri nel settembre del 2011, ha avuto resa definitiva la condanna a 14 anni di reclusione dalla Corte di Cassazione. La II sezione penale ha confermato il quadro probatorio presentato dalla Procura distrettuale reggina contro il 50enne latitante, che pertanto è stato definitivamente riconosciuto quale capo promotore dell’associazione mafiosa denominata Pelle-Vottari, contrapposta nella sanguinosa faida di San Luca a quella dei Nirta-Strangio. Dal dispositivo emerge come i giudici abbiano annullato senza rinvio per quanto riguarda la contestata aggravante speciale della trasnazionalità, che non essendo stata riconosciuta, ha portato alla parziale riforma della sentenza dell’appello. In quella sede i giudici di Reggio Calabria avevano condannato l’imputato a 18 anni di carcere, previo aumento di quanto sancito dal gup distrettuale, che in abbreviato aveva disposto 13 anni per associazione mafiosa e porto e detenzione delle armi rinvenute all’interno di un bunker di contrada Ricciolio di Benestare. Il processo ad Antonio Pelle è un troncone dell’abbreviato del procedimento “Fehida” contro le opposte consorterie di San Luca, protagoniste della ventennale faida ripresa con la strage di Natale del 2006, che ha raggiunto l’apice con la strage di Duisburg dell’agosto 2007. La posizione di “Vanchelli” era stata stralciata dalle altre per motivi di salute, gli stessi problemi che hanno consentito a Pelle di ottenere gli arresti domiciliari e a distanza di cinque mesi fuggire dall’ospedale. A seguito della fuga i giudici reggini avevano dichiarato decaduto il motivo ostativo della presunta malattia mentale, che non gli aveva permesso di assistere alle udienze del processo d’appello. Nell’interesse di Antonio Pelle ha discusso in Cassazione l’avv. Giulia Dieni, del foro di Reggio Calabria, insistendo in particolare da un lato per l’esclusione dell’aggravante di capo promotore del clan mafioso, e dell’altro lato chiedendo la revoca dell’aggravante speciale della transnazionalità, in questo caso riportandosi al contenuto di una recente sentenza delle Sezioni unite. Antonio Pelle, come si ricorderà, era stato arrestato una prima volta nell’ottobre del 2008 ad Ardore, quando gli agenti della Questura di Reggio Calabria lo avevano scovato in un bunker dove stazionava con tutti i comfort, e dove fu scoperta anche una piantagione di canapa indiana. Per questa vicenda il boss Pelle “la Mamma”, è stato condannato in appello a nove anni di reclusione in quanto ritenuto colpevole di coltivazione di sostanza stupefacente, reato commesso in latitanza. Status nel quale si trova da oltre un anno, ricercato da tutte le forze di polizia in Italia e all’estero.

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