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Ecco chi è
Antonino Lo Giudice

C'erano voluti solamente otto giorni di carcere per convincere Antonino Lo Giudice, il pentito di 'ndrangheta che si e' allontanato dalla località protetta, ad iniziare a collaborare con la giustizia. Era il 7 ottobre del 2010 quando venne arrestato dagli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria. Il 15 ottobre, mentre era detenuto nel carcere di Rebibbia, decise di saltare il fosso e diventare 'pentito'. Iniziò così a fare le prime rivelazioni all'allora procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. Prima di lui, il passo verso lo Stato lo aveva fatto nel 1999 il fratello minore Maurizio, dopo una pesante condanna per l'omicidio di un ristoratore reggino, Giuseppe Giardino, al quale Maurizio aveva tentato di sottrarre l'incasso della giornata sotto casa della vittima. Antonino, Massimo, Pietro e Maurizio Lo Giudice sono figli del defunto boss del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria, Giuseppe. I quattro ragazzi si forgiarono durante l'infuriare della guerra di mafia degli anni '80, dopo l'assassinio del boss Paolo De Stefano, il 13 ottobre 1985 ad opera dei sicari al soldo del 'supremo', Pasquale Condello, detenuto per una condanna all'ergastolo. In quegli anni, i Lo Giudice innescarono una violenta faida con la famiglia Rosmini, anch'essa schierata con Pasquale Condello, a causa dell'uccisione di Ernesto Rosmini, avvenuta nel 1986. Una lotta virulenta, che provocò una decina di omicidi. Lo Giudice e Rosmini, sotto l'alta garanzia di Condello, diventarono poi alleati. Dopo la 'pace' di ndrangheta, a metà degli anni '90 e con l'operazione 'Olimpia', emersero i nuovi assetti di comando nelle 'ndrine di Reggio Calabria. I figli di 'Peppé Lo Giudice si interesseranno solo di usura e commercio di frutta e verdura e restarono fuori dagli appalti pubblici e privati, settore dove primeggiano i Libri, i Tegano, i Condello e tutta la galassia delle 'famiglie' a loro collegate. Nel 2010 le cosche cominciano ad alzare il tiro su obiettivi istituzionali, come la Procura generale e lo stesso Pg, Salvatore Di Landro, oggetto di attentati dinamitardi. Poi arrivarono l'arresto e il pentimento di Nino Lo Giudice. Tra le prime rivelazioni fatte ci furono proprio quelle relative agli attentati ai magistrati reggini. Lo Giudice si è autoaccusato delle bombe alla Procura generale ed al Pg Di Landro chiamando in causa anche il fratello Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese, ritenuto l'armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri.

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