Si sono conclusi gli interventi difensivi al processo “Crimine”, con le discussioni dei difensori che hanno puntato il dito contro la tesi della Procura distrettuale reggina dell’unitarietà della ‘ndrangheta, che sarebbe diretta da una sorta di cupola denominata “Provincia”. Ieri gli avvocati Managò, Minniti, D’Ascola, Speziale, Nocera, Sibio, Spitaleri, Torchia, Nardo, Gemelli ed altri, hanno concluso per l’assoluzione degli imputati contrapponendosi con una serie di argomentazioni alla tesi dell’accusa, rappresentata dal pm Giovanni Musarò.
Il collegio di difesa si è soffermato lungamente su una giurisprudenza consolidata: l’esistenza di un’associazione mafiosa non può prescindere dalla contestazione di atti e fatti concreti. Ad avviso dei difensori il legislatore non ha previsto alcuna sanzione per una eventuale “carica” all’interno di un presunto sodalizio criminoso, come viene contestato agli imputati di “Crimine”.
Si sono conclusi gli interventi difensivi al processo “Crimine”, con le discussioni dei difensori che hanno puntato il dito contro la tesi della Procura distrettuale reggina dell’unitarietà della ‘ndrangheta, che sarebbe diretta da una sorta di cupola denominata “Provincia”. Ieri gli avvocati Managò, Minniti, D’Ascola, Speziale, Nocera, Sibio, Spitaleri, Torchia, Nardo, Gemelli ed altri, hanno concluso per l’assoluzione degli imputati contrapponendosi con una serie di argomentazioni alla tesi dell’accusa, rappresentata dal pm Giovanni Musarò. Il collegio di difesa si è soffermato lungamente su una giurisprudenza consolidata: l’esistenza di un’associazione mafiosa non può prescindere dalla contestazione di atti e fatti concreti. Ad avviso dei difensori il legislatore non ha previsto alcuna sanzione per una eventuale “carica” all’interno di un presunto sodalizio criminoso, come viene contestato agli imputati di “Crimine”.