Il capo della Procura della Repubblica non ha cercato il facile apprezzamento nè gli applausi degli industriali reggini ma, in un certo senso, li ha anche sfidati ad avere più coraggio e a non dimenticarsi mai che «la coscienza civile e la coscienza economica si devono sempre sovrapporre. In ogni circostanza». Tradotto: non si può gridare contro la ’ndrangheta e poi girarsi e fare affari con essa oppure pagare il “pizzo” come scelta di comodo. Bisogna scegliere di stare dalla parte dello Stato senza tentennamenti. «Nel porto di Gioia Tauro arrivano tonnellate di droga ma anche tanti marchi contraffatti che danneggiano l’economia e alterano le regole del mercato e del lavoro. Così come fa il racket a tappeto. L’assenza di controlli penalizza gli imprenditori onesti. Da Bankitalia solo Mario Draghi – ha continuato il magistrato –ha avuto il coraggio di affermare che la ’ndrangheta è il peso che impedisce alla Calabria di decollare. Se riusciamo a togliere il costo della ’ndrangheta rilanciamo subito la nostra economia». E poi la sfida della denuncia collettiva. «Sotto il profilo economico – ha detto il procuratore alla platea degli imprenditori – in un momento di difficoltà come questo credo che vi sia una maggiore esigenza di coloro che si muovono nell’ambito dell’impresa a collaborare insieme, un percorso che deve avvenire insieme alle istituzioni. Se diciamo no alla criminalità organizzata evitiamo di pagare una tassa, abbassiamo i prezzi e i costi, diventiamo competitivi. Sediamoci, anche domani, tutti – me compreso – intorno a un tavolo, e diciamo da oggi basta con la ‘ndrangheta”.
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