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Il boss Pietro Labate
catturato nel suo “regno”

L’hanno scovato nel suo regno, in una viuzza del quartiere Sbarre a Reggio. Pietro Labate, 62 anni, boss di prima grandezza della ’ndrangheta reggina, viaggiava da solo a bordo di uno scooter quando è stato bloccato dei segugi della Squadra Mobile. Casco in testa, jeans e “Lacoste” di colore bianco, Pietro Labate ha provato a fuggire, zigzagando sulla via Argine Torrente Sant'Agata, quando è stato affiancato da una mezza dozzina di poliziotti, anche loro a bordo di motorette. Una fuga breve, senza storia. È finita venerdì sera la latitanza di Pietro Labate, conosciuto con il nomignolo “Ti mangiu”per la forza che emanava e il timore che incuteva, il leader dell’omonima famiglia mafiosa che storicamente tiene in pugno i quartieri Gebbione e Sbarre, cintura urbana sud di Reggio. Era scomparso nel nulla dal mese di aprile 2011, nei giorni in cui è scattata l’operazione “Archi-Astrea”. Da 27 mesi aveva fatto perdere le sue tracce, finendo nella lista dei “100 ricercati più pericolosi a livello nazionale”.

IL RIFUGIO. Si nascondeva a poche decine di metri da dove è stato intercettato, occupando un appartamento al primo piano di uno stabile a più livelli. Una zona fuori mano, lontano dal caos del quartiere. Gli agenti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra Mobile di Reggio avevano individuato l’area dove aveva trovato rifugio il latitante. Gli uomini del vicequestore Francesco Rattà aspettavano soltanto il momento opportuno per fare scattare il blitz. Anche perchè, spiegherà il capo della Mobile, Gennaro Semeraro, «non potevamo permetterci il lusso di commettere il minino errore, rischiando di vanificare un lavoro di oltre un anno». La svolta venerdì sera, alle ore 22 e 30. Uno dei 25 agenti che stavano controllando a distanza la zona ha riconosciuto Pietro Labate che si spostava alla guida di uno scooter. Gli agenti interverranno qualche minuto dopo. In azione “una sporca dozzina”, gente “invisibile”, giovanotti che ti passano accanto e pensi che possano essere chiunque eccetto uno “sbirro”. Dopo l’arresto la Polizia ha individuato anche il nascondiglio, un appartamentino dotato di ogni comfort. Dal video diffuso dalla Questura si evince che Pietro Labate amava leggere i quotidiani locali ed era attrezzato di tre telefonini cellulari e un tablet. Viveva da solo, anche se nell'abitazione sono state trovate due brande e un divano, non escludendo che ricevesse qualche visita. Ed inoltre un calendario con l’immagine di Padre Pio nel meglio di luglio, monetine, occhiali da vista e più di un paio di scarpe da tennis. Indagini aperte della Polizia per accertare chi siano stati i fiancheggiatori, chi abbia sostenuto in questa latitanza, quali direttive abbia potuto dare per tenere ancora sotto scacco la vita imprenditoriale e commerciale del suo “locale” di ’ndrangheta.

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