Rimane in carcere Gianni Remo, il vicepresidente della Reggina arrestato per due episodi di estorsione aggravati dalla finalità di aver favorito un sodalizio mafioso. Il Tribunale della libertà di Reggio (presidente Giuseppe Campagna) ha rigettato la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali di Gianni Remo, gli avvocati Carlo Morace e Giuseppe Panuccio. Gianni Remo è in manette dallo scorso 9 luglio, quando i carabinieri di Reggio gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare con accuse pesanti come un macigno. Con lui, sotto accusa nell’inchiesta a firma del pm della Direzione distrettuale antimafia Stefano Musolino, anche il fratello Pasquale Remo e il cognato di entrambi Michele Labate (già in carcere), uno dei vertici del potente cosca di ’ndrangheta Labate che opera nei popolosi rioni della cintura urbana sud di Reggio, Gebbione e Sbarre. I tre, secondo l’ipotesi accusatoria, mediante minacce avrebbero costretto lo zio Umberto Remo a cedere un immobile (costituito da un capannone industriale, due fabbricati rurali con annesso capannone e un terreno) a un prezzo notevolmente inferiore rispetto al valore di mercato.