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Chiesti 8 anni di
carcere per Ninì e
Maurizio Mauro

Dietro gli aiuti economici ai bar e alle caffetterie di Reggio, mezza Calabria e una significativa porzione di Sicilia, si nascondevano prestiti da usuraio. Un’accusa pesantissima che l’Ufficio di Procura ha ribadito con vigore nei confronti degli industriali del caffè, Antonio (detto “Ninì”) e Maurizio Mauro, padre e figlio. I sostituti procuratori di Reggio, Antonio De Bernardo e Luca Miceli, hanno chiesto 8 anni di reclusione e 30mila euro di multa ciascuno nei confronti degli imprenditori accusati di associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo del credito. Una requisitoria severa che non ha lasciato scampo nemmeno al dipendente Domenico Marino, nei cui confronti sono stati invocati 4 anni di reclusione e 10 mila euro di multa. 
Graziati dalla prescrizione, invece, Maria Mauro, Salvatore Nicita, Filippo Zamataro e Raffaele Vita, che “escono” dal processo per i tempi infiniti del dibattimento. Prescrizione del reato, per morte dell’imputato, nei riguardi di Pasquale Mauro, uno  degli storici fondatori dell’azienda del caffè che da Reggio ha venduto le proprie miscele in mezzo mondo, dal Giappone al Canada e all’Australia.
L’inchiesta “Cafittera”, dal nome in codice dell’operazione che ha puntato il dito contro gli industriali della “Mauro caffè”, risale al 2005 quando gli 007 della Guardia di Finanza hanno ricostruito una rete di prestiti a tassi  usurari elargiti dagli imprenditori, e dai loro più stretti collaboratori, camuffandoli come incentivi all’attività imprenditoriale. Per la Procura la “Mauro Caffè” prestava soldi ai commercianti che volevano investire modernizzando il proprio locale, rilanciarlo. I Mauro prestavano soldi da restituire attraverso l’acquisto di partite di caffè.

Dietro gli aiuti economici ai bar e alle caffetterie di Reggio, mezza Calabria e una significativa porzione di Sicilia, si nascondevano prestiti da usuraio. Un’accusa pesantissima che l’Ufficio di Procura ha ribadito con vigore nei confronti degli industriali del caffè, Antonio (detto “Ninì”) e Maurizio Mauro, padre e figlio. I sostituti procuratori di Reggio, Antonio De Bernardo e Luca Miceli, hanno chiesto 8 anni di reclusione e 30mila euro di multa ciascuno nei confronti degli imprenditori accusati di associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo del credito. Una requisitoria severa che non ha lasciato scampo nemmeno al dipendente Domenico Marino, nei cui confronti sono stati invocati 4 anni di reclusione e 10 mila euro di multa. Graziati dalla prescrizione, invece, Maria Mauro, Salvatore Nicita, Filippo Zamataro e Raffaele Vita, che “escono” dal processo per i tempi infiniti del dibattimento. Prescrizione del reato, per morte dell’imputato, nei riguardi di Pasquale Mauro, uno  degli storici fondatori dell’azienda del caffè che da Reggio ha venduto le proprie miscele in mezzo mondo, dal Giappone al Canada e all’Australia.L’inchiesta “Cafittera”, dal nome in codice dell’operazione che ha puntato il dito contro gli industriali della “Mauro caffè”, risale al 2005 quando gli 007 della Guardia di Finanza hanno ricostruito una rete di prestiti a tassi  usurari elargiti dagli imprenditori, e dai loro più stretti collaboratori, camuffandoli come incentivi all’attività imprenditoriale. Per la Procura la “Mauro Caffè” prestava soldi ai commercianti che volevano investire modernizzando il proprio locale, rilanciarlo. I Mauro prestavano soldi da restituire attraverso l’acquisto di partite di caffè.

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