I sessanta container con le armi chimiche siriane arriveranno in Italia non prima di febbraio: e il trasbordo dai cargo norvegese e danese alla nave Usa Cape Ray avverrà a Gioia Tauro "da nave a nave attraccate in banchina senza sbarco a terra e stoccaggio dei container". L'incontro a palazzo Chigi tra il premier Letta, i ministri Lupi e Orlando e i rappresentanti delle istituzioni calabresi non chiarisce tutti i dubbi e non fuga tutti i timori, con i sindaci della Piana che ribadiscono di aver "subito" la decisione e di non esser convinti delle "ampie rassicurazioni", come le definisce invece il governatore Scopelliti, fornite loro dal governo. Lo stesso Scopelliti, all'uscita da palazzo Chigi davati alle telecamere aveva parlato di un trasferimento delle armi "in mare", "in un raggio di sicurezza che non coinvolge il territorio"; in serata, la precisazione che che il trasbordo sarebbe invece avvenuto in banchina, "da nave a nave", ribadendo tuttavia "la garanzia che l'operazione sarà compiuta nella massima sicurezza per il territorio e i cittadini" Certezze sulla complessa vicenda al momento ce ne sono comunque poche, se non che i cargo arriveranno. Agli inizi di febbraio, molto probabilmente, per attraccare alle banchine del porto ed effettuare il trasbordo. Il trasferimento dei container, di cui si occuperanno i portuali, dovrebbe durare "dalle otto alle 14, massimo 16 ore". "C'era stato fatto un quadro allarmante - dice Scopelliti - ed invece abbiamo avuto ampie rassicurazioni dal presidente Letta: siamo stati molto rigidi nel chiedere garanzie per la sicurezza e su questo c'è stato un impegno forte". Dal premier il governatore ottiene anche l'ok ad aprire un tavolo per "approfondire tutte le opportunità di sviluppo" per il porto. Perché, dice palazzo Chigi, questa deve essere un'occasione di rilancio economico dell'intera area. Nella riunione è poi stato ribadito che analoghe operazioni sono state fatte sia nel 2012 che nel 2013 a Gioia: nei due anni passati, sottolinea la nota del governo, lo scalo ha movimentato "in via ordinaria" e "in condizioni di assoluta sicurezza", 3.048 container per un totale di 60.168 tonnellate di materiale classificato in maniera analoga a quello contenuto nei 60 container provenienti dalla Siria. "Materiale tossico", afferma il governo, "non armi", che nella quasi totalità è stato trasbordato da nave a nave, vale a dire una "operazione analoga a quella prevista". Palazzo Chigi ritiene dunque le preoccupazioni dei cittadini "non rispondenti alla realtà dei fatti" anche se non può non ammettere che si tratta di timori "legittimi" frutto, anche, di una "non esaustiva comunicazione". Ecco perché d'ora in avanti il governo si impegna ad una "informazione puntuale" sull'intera vicenda, a partire dalla realizzazione di un opuscolo con tutte le notizie necessarie, che verrà distribuito alla popolazione". Parole che non tranquillizzano i sindaci della zona, che a Roma erano rappresentati da quello di Gioia Tauro, Renato Bellofiore e dal primo cittadino di San Ferdinando Domenico Madaferri. "Ci rendiamo conto delle esigenze del governo - dice quest'ultimo - ma le rassicurazioni secondo cui non si correrebbe alcun rischio non ci convincono. Non sappiamo di che sostanze si tratta ed è una decisione che subiamo ma non accettiamo". Madaferri annuncia anche che i sindaci hanno preso contatto con un esperto di diritto navale, "per capire se possiamo chiudere, nella piena legalità, il porto". Anche il M5s non crede alla versione del governo: dopo aver tentato, senza successo, di partecipare all'incontro di questa mattina e aver incontrato il sottosegretario Patroni Griffi, i parlamentari calabresi cinquestelle denunciano la mancanza di un'informazione "puntuale e organica" e chiedono la presenza dei ministri in Calabria durante le operazioni di trasbordo. In ogni caso, aggiungono, i trasbordi di sostanze tossiche effettuati negli anni scorsi, "data la mancanza di vigilanza e della sicurezza necessarie" del porto, provano "che i governi hanno considerato la Calabria terra di nessuno".