Ha retto anche in Appello il teorema della cupola mafiosa reggina, il cuore accusatorio del processo “Crimine”. È stata emessa ieri dai giudici della Corte d'Appello di Reggio Calabria (presidente Rosalia Gaeta, a latere Giuliana Campagna e Antonino Giacobello) la sentenza del maxi processo alle cosche della ‘ndrangheta dell’intera provincia reggina (il troncone definito davanti al Gup). Il conto nei confronti dei 118 imputati è stato di 28 assoluzioni, due non doversi procedere per morte dell’imputato e ben 88 condanne per complessivi 548 anni di carcere. Non passano inosservate le svariate assoluzioni in primo grado trasformate in anni di reclusione; le numerose rideterminazioni di pena. Rare le assoluzioni di peso, nei confronti di chi vantava ruoli di primo piano nella organizzazione mafiosa; mentre è stata confermata la condanna a 10 anni di carcere nei confronti di don Mico Oppedisano, l’anziano padrino di Rosarno che sarebbe stato il saggio e custode delle regole della criminalità organizzata. Il procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho: «È un momento di grande chiarezza sulla unitarietà della ’ndrangheta. Una sentenza storica ».
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