Quote societarie, aziende e immobili. Ha un valore di dieci milioni di euro il patrimonio sequestrato ieri dai finanzieri del “Gruppo Reggio Calabria” alla famiglia Lavilla. Nei loro confronti si è abbattuta la scure del Tribunale “Misure di prevenzione” che ha accolto la richiesta della Direzione distrettuale. Sono pesanti come un macigno le accuse sostenute dal pool antimafia di Reggio Calabria contro la famiglia Lavilla «i noti imprenditori reggini ritenuti essere organici alla cosca “Tegano” operante nella zona nord della città». Tesi accusatoria rafforzata dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, che li hanno etichettati «come imprenditori al soldo della cosca Tegano». Padre e due figli i destinatari del provvedimento patrimoniale: Giuseppe Lavilla e i figli Antonio e Maurizio. Per gli inquirenti a sancire il legame profondo con la ’ndrina che dalla roccaforte Archi imperversa fino al centro storico di Reggio sarebbe stato il matrimonio tra Antonio Lavilla e Saveria Tegano, figlia del boss Giovanni Tegano “uomo di pace”, con il quale è stato intensificato il legame tra i Lavilla e la potente cosca con un posto nell’ormai conclamato (come ha recitato la sentenza di primo grado “Meta”) direttorio di ’ndrangheta. Tra i vertici assoluti del “mandamento centro” della mafia di Reggio Calabria. I sigilli hanno riguardato un patrimonio milionario scandito da significativi investimenti principalmente nel settore dell’edilizia e del noleggio di distributori automatici di alimenti. Tra le società bloccate dai militari delle Fiamme gialle spicca la società “Calabria Vending”, leader nella distribuzione di macchine automatiche per la vendita di caffè ed alimenti.