"Evidentemente non si può stringere un 'accordo' con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini (e tanto lo sapeva da aver preteso la esenzione dal 'pizzo')". E' questo uno dei passaggi centrali delle motivazioni depositate il 14 agosto 2013 in base alle quali la Cassazione, il sei giugno dello stesso anno, ha condannato in via definitiva a cinque anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, Amedeo Matacena. L'ex parlamentare di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, è da allora latitante. Attualmente soggiorna a Dubai, negli Emirati Arabi dove è stato individuato il 29 agosto del 2013, proveniente dalle Seychelles. Dunque i legami con le cosche reggine di Matacena jr. - figlio dell'imprenditore che fece fortuna con la linea di traghetti 'Caronte' per la navigazione dello stretto di Messina - erano tali da rendere immune la sua attività dal racket della 'ndrangheta. Del resto il clan Rosmini - spiega inoltre la Cassazione - traeva vantaggio in termini di prestigio dalla vicinanza di Matacena, eletto deputato nel 1994 e nel 2001. Un uomo sul quale sapevano di poter contare. Alla Camera, la sua attività parlamentare conta numerose interrogazioni contro i 'pentiti' e per sollecitare un trattamento migliore per i detenuti al 41bis del carcere di Reggio Calabria. Ad avviso dei supremi giudici, il contributo di Matacena al rafforzamento del clan si è concretizzato anche sotto forma del "ritorno di immagine" che a vantaggio dei 'Rosmini' derivava dall'appoggio del deputato. "E' dunque lo stesso vertice della cosca - scrivono i supremi giudici, relatore Maurizio Fumo - che afferma a) che Matacena non può essere sottoposto a estorsione; b) che in passato lo stesso ha 'sempre favorito' l'associazione; c) che, anche nel presente, Matacena è disponibile ('a noi ci favorisce, ci aiuta se abbiamo bisogno')". Tra gli elementi che provano i rapporti con il clan, la Cassazione ricorda pure "la rapida carriera politica di Giuseppe Aquila (da manovale a bordo dei traghetti 'Caronte' a Presidente della giunta provinciale di Reggio Calabria)". Aquila "era uomo che faceva parte della famiglia (di sangue e mafiosa) dei Rosmini". (ANSA) |
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