La prima battaglia delle famiglie Opinato ed Occhibelli, i genitori del piccolo Domenico morto al momento della nascita dopo che i medici si sarebbero rifiutati di eseguire il taglio cesareo, è stata conquistata. Ci sarà un processo per stabilire le cause del decesso del neonato in seguito ad un travaglio diventato un calvario. Il gip Davide Lauro ha rinviato a giudizio i tre sanitari sotto accusa: l'ex primario degli Ospedali Riuniti, Pasquale Vadalà, il medico di turno Daniela Mannunzio e l'ostetrica Giovanna Tamiro. Le accuse, sostenute dal pubblico ministero Francesco Tedesco anche in sede di discussione, sono, con diversi ruoli e profili di responsabilità, omicidio colposo e falso ideologico. I tre sanitari compariranno in Tribunale il 4 dicembre. Fondamentale, secondo l'impostazione dell'ufficio di Procura e la tesi sostenuta dai difensori di parte civile, la perizia del consulente tecnico che avrebbe accertato la condotta medica di quella giornata maledetta sulla quale adesso servirà un approfondimento processuale per accertare le eventuali responsabilità. Secondo i coniugi Opinato, durante la fase del travaglio, più lungo del solito, sarebbero sorte delle complicazioni per cui si rendeva indispensabile l'intervento chirurgico. Il dottore Vadalà ha invece spiegato che il parto si era svolto regolarmente, dopo una gravidanza fisiologica di 38 settimane. Le parti civili, i genitori Giuseppe Opinato e Daniela Occhibelli (nella foto), sono state rappresentate dagli avvocati Tonino Nocera, Alba Nucera e Sabina Aloi. Già in passato i familiari del piccolo Domenico si erano battuti per aver giustizia. «Perchè fatti come questi non devono più accadere in nessun ospedale» hanno sottolineato già dai primi giorno del dolore. E che continuano a ribadire adesso, che il gip ha disposto il giudizio. Per i genitori si è trattato di un caso di malasanità, per il primario (all’epoca dei fatti) solo una drammatica fatalità.
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