Tutte davanti al gip di Reggio le 25 persone sottoposte a fermo nell’ambito della maxi-retata “Il Padrino”, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia e della Questura di Reggio Calabria che ha inferto un durissimo colpo alla ’ndrina dei Tegano, tra le storiche dinastie criminale di Archi. Ieri mattina, nelle due carceri cittadine (San Pietro ed Arghillà) dove sono stati reclusi, gli indagati si sono sottoposti ad interrogatorio di convalida del fermo. Una full immersion di interrogatori che ha costretto l’Ufficio Gip ad impiegare ben quattro giudici: Antonino Laganà, Adriana Trapani, Caterina Catalano e Domenico Santoro.
Le strategie difensive In pochi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, scegliendo di restare a bocca chiusa rispetto alle domande del gip e alla formalizzazione delle contestazioni accusatorie. Una strategia difensiva intrapresa da Francesco Marino (difeso dall’avvocato Giacomo Iaria) e da Antonio Rechichi, Silvana Marra, Vincenza Marra, Antonia Rappoccio Giuseppe Rechichi ed Edmondo Branca (tutti assistiti dall’avvocato Francesco Calabrese). La stragrande maggioranza degli indagati ha scelto di rispondere, replicando ai reati ipotizzati dall’Ufficio di Procura. Ha risposto Antonio Lavilla, difeso dall’avvocato Lorenzo Gatto, genero del boss Giovanni Tegano, e secondo gli investigatori della Squadra Mobile figura centrale dell’inchiesta a tal punto da essere indicato quale reggente della ’ndrina di Archi dopo l’arresto del patriarca di famiglia, Giovanni Tegano. Hanno deciso di replicare alle accuse, provando ad argomentare la propria posizione davanti al gip, Giorgio Saraceno e Stefano Costanzo (difesi dall’avvocato Stefano Priolo) e Giovanni Malara, il commercialista della famiglia Tegano. Secondo la ricostruzione del legale di fiducia, l’avvocato Giacomo Iaria del Foro di Reggio, il professionista avrebbe chiarito ogni aspetto delle contestazioni formulate nei suoi confronti dagli inquirenti. Ed in particolare nel chiosco adibito alla vendita delle angurie, per gli 007 della Squadra Mobile, il quartiere generale della ’ndrina di Archi non è stato effettuato alcuno scambio di “pizzini” ma semplicemente la consegna dei documenti contabili e fatture inerenti il rapporto di consulenza commerciale.
Le accuse Completata la girandola degli interrogatori di convalida dei fermi nella giornata di oggi sarà emessa la decisione dell'ufficio Gip inerente la convalida del fermo e conseguenza trasformazione in ordinanza di custodia cautelare in carcere. Le accuse, sostenute dai sostituti della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Lombardo e Stefano Ammendola, sono, seppure, con diversi profili di responsabilità, di associazione mafiosa «per essere intranei o concorrenti esterni delle articolazioni di vertice della ’ndrangheta reggina costituite dalle cosche De Stefano e Tegano di Reggio Calabria», favoreggiamento personale e procurata inosservanza pena, aggravati dall’articolo 7, in relazione alla latitanza del boss Giovanni Tegano, classe 1939, vertice indiscusso della omonima famiglia criminale catturato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria con un blitz a Terreti il 26 aprile 2010.
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