Personale “soffocato”, oberato di lavoro. Palazzo del Governo spesso “monco” perché i funzionari sono costretti a esercitare funzioni nei Comuni della provincia commissariati. Ecco che la situazione della prevenzione dell’infiltrazione della ’ndrangheta nel settore degli appalti pubblici sta diventando sempre più difficile da gestire. Aumenta di giorno in giorno il carico di lavoro e le ditte pressano affinchè arrivi la tanta agognata certificazione antimafia necessaria per poter svolgere prestazioni di servizi e di forniture nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Sono 211 le imprese che attendono di conoscere l’esito dell’istruttoria relativa all’iscrizione a quello strumento da più parti ormai ritenuto inefficace delle “white list”. A gennaio scorso erano oltre 150 le aziende con sede in città e provincia che avevano presentato nel 2014 la domanda di iscrizione alla “white list” delle imprese non soggette a infiltrazioni della criminalità organizzata e che aspettavano la certificazione per poter svolgere lavori nell’interesse delle pubbliche amministrazioni. Dopo poco più di un mese le istanze sono aumentate e quindi anche i tempi. Le istruttorie aperte variano da un tempo di quattro mesi a qualche settimane (almeno stando ai dati aggiornati il 15 gennaio). Tra quelle ancora non definite c’è quella dell’azienda “Locride Ambiente” (ditta specializzata nella raccolta e nel trasporto dei rifiuti). Un’attesa che va avanti dall’ottobre scorso. Accanto a queste criticità è doveroso sottolineare che comunque gli elenchi delle imprese non soggette a infiltrazioni della criminalità organizzata e quindi da considerarsi “pulite” annoverano adesso un numero discreto di imprese. Si ricorda che il Palazzo del Governo ha stabilito che sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività: trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi ; estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri. Dopo un primo periodo di rodaggio (lo strumento è stato introdotto per la provincia reggina nell’agosto del 2013) lo strumento delle white list, almeno dal punto di vista numerico, sembra ormai entrato nel vivo. Il problema rimane sempre quello relativo alla circostanza che non tutte le attività rientrano nell’ambito di operatività del sistema dei controlli antimafia. Sul punto è rimasta ancora priva di riscontro la richiesta proveniente dall’associazione reggina dei costruttori edili: «A suo giudizio: «Una larghissima parte delle imprese aderenti all’Ance non ha la possibilità di iscriversi, in quanto la normativa esclude espressamente gli esecutori di lavori, cioè una platea vastissima di aziende; mentre la Prefettura fa quello che può, sottoposta com’è a enormi carichi di lavoro». Il discorso è complicato: da un lato c’è la Prefettura che cerca in tutti i modi di arginare il rischio ’ndrangheta negli appalti, dall’altro ci sono le istanze delle ditte che operano sul territorio. Nel mezzo c’è una normativa da rivedere. Gli interessi in gioco sono tanti.