Pugno duro del pm Giuseppe Lombardo (nella foto). A conclusione della requisitoria nel processo “Araba fenice”, che si sta celebrando nell’aula bunker di viale Calabria, davanti al gup Antonio Scortecci, ieri il magistrato della Dda ha chiesto la condanna dei 34 imputati, che hanno scelto l’abbreviato, a complessivi 386 anni di reclusione. Se si tiene in considerazione lo sconto di un terzo della pena per la scelta del rito si ha contezza della durezza delle richieste. Il processo “Araba fenice” nasce da un’inchiesta della Dda che aveva riguardato le attività economiche dell’imprenditore Giuseope Liuzzo che, secondo quanto accertato dagli inquirenti, risultava collegato con diverse cosche attive in varie aree cittadine. Da Archi a Pellaro, secondo l’accusa, l’imprenditore godeva del sostegno della ’ndrangheta. Il pm Lombardo, nell’udienza di martedì, aveva ricostruito le dinamiche criminali che segnavano la saldatura tra le cosche e le attività dell’imprenditore. Ieri, infine, la formulazione delle richieste. Non a caso quella più pesante, 38 anni di reclusione, ha interessato proprio Giuseppe Liuzzo.