Corso Garibaldi è il "salotto buono" di Reggio Calabria. Sotto il manto di asfalto colato in epoche recente, si cela un lastricato in pietra lavica definito dagli esperti materiale "storico", ben lavorato, di forte spessore e di ottima resistenza, preziosa testimonianza delle pratiche tradizionali del fare, connesse all'impiego dei materiali locali. Quel lastricato, che sta lì dai primi del '900, avrebbe dovuto essere riportato alla luce e rivalutato, salvaguardando le pietre originari ancora in buono stato. Invece, i lavori di ripristino della pavimentazione, approvati nel 2007 ma iniziati solo nel luglio 2014, stavano producendo l'effetto opposto, danneggiando irrimediabilmente anche le basole buone. È partendo da questo assunto, che sembra essere l'ennesimo caso di mala gestione del patrimonio storico italiano, che la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha mandato i carabinieri del Comando provinciale e quelli del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza a sequestrare in via preventiva il cantiere (3.000 metri quadri) e l'area di stoccaggio (6.000 metri quadri) del basolato lavico rimosso. Contestualmente la Procura ha indagato quattro persone: il direttore dei lavori, Marcello Francesco Cammera, dirigente del Settore progettazione ed esecuzione Lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria; la responsabile del Servizio restauro e conservazione beni architettonici e ambientali del Comune Daniela Filomena Neri, e Francesco Siclari e Antonio Porla, legali rappresentanti delle due ditte impegnate in Ati nell'esecuzione dei lavori. Nei loro confronti, la Procura ipotizza l'inosservanza dei provvedimenti amministrativi e per l'esecuzione di opere in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. In sostanza, secondo i magistrati, non avrebbero ottemperato alle prescrizioni imposte dalla soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. In particolare non avrebbero provveduto al recupero delle lastre, curando che fossero rimosse con strumenti idonei ad evitarne il danneggiamento e non avrebbero accantonato il basolato in buone condizioni separatamente da quello danneggiato. Tra l'altro, secondo la Procura, la soprintendenza non sarebbe stata messa nelle condizioni di controllare le modalità di svolgimento dei lavori, né di verificare le condizioni del basolato. I lavori erano stati, sospesi nel febbraio scorso dalla Soprintendenza che poi aveva li aveva fatti riprendere. Fino al luglio scorso, quando la stessa ha constatato che la rimozione del basolato lavico si stava svolgendo in difformità delle prescrizioni e rompendo la gran parte delle basole. |
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