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Appalti a San Luca, fu illecita concorrenza

 Cinque condanne a complessivi 25 anni di reclusione e cinque assoluzioni sono state disposte ieri dal Tribunale di Locri al termine della camera di consiglio del processo “Italia che lavora”. I giudici hanno ritenuto Sebastiano Nirta (foto grande), Antonio Nirta, Antonio Cosmo (cl. 47), Giuseppe Cosmo e Francesco Cosmo responsabili del reato di concorso in illecita concorrenza e, per questo motivo, li ha condannati a 5 anni di reclusione ciascuno. Il Tribunale ha assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” Sebastiano e Antonio Nirta nonché Domenico Mammoliti dal reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. I due Nirta ed i Cosmo sono stati mandati assolti per alcuni reati minori. Il collegio (presidente Amelia Monteleone, consiglieri Annalisa Natale e Mario La Rosa) ha mandato assolti con formula piena Francesco Antonio Basile, Salvatore Strangio, Francesco Carusetta e Stefano Mammoliti. La procura distrettuale aveva concluso chiedendo 7 condanne a complessivi 53 anni e 6 mesi di reclusione e 3 assoluzioni. La pena più elevata, a complessivi 13 anni di reclusione, la Dda reggina l’aveva chiesta per Antonio Nirta (cl. 56), per il quale ha concluso l’avv. Guido Contestabile chiedendo l’assoluzione, in particolare evidenziando che «non basta chiamarsi Nirta per essere un associato mafioso». Per Sebastiano Nirta (cl. 57, chiesti 11 anni), l’avv. Pietro Bertone ha sostenuto in discussione che il proprio assistito «è un imprenditore avulso da contesti criminosi», attaccando la credibilità di alcuni soggetti terzi che, intercettati, conversano su mere congetture. Per il reato associativo l’accusa aveva chiesto 9 anni per Domenico Mammoliti, assolto con formula piena come richiesto dagli avvocati Sandro Furfaro e Riccardo Errigo. Per gli altri imputati assolti hanno concluso gli avvocati Giuseppe e Adriana Bartolo, Davide Barillà e Antonio Speziale. Le difese degli imputati condannati hanno anticipato che, all’esito del deposito delle motivazioni, indicato in 90 giorni, proporranno appello. L’indagine “Italia che lavora” ha avuto inizio nel 2005 quando i carabinieri hanno ritenuto di individuare a San Luca alcuni soggetti, tra cui degli imprenditori, che avrebbero posto in essere atti di concorrenza sleale volti al controllo o comunque al condizionamento dell’aggiudicazione e dell’esecuzione di alcuni appalti pubblici banditi da Comune, Provincia e Regione, per un importo totale di diversi milioni di euro. In particolare l’accusa ha sostenuto che i lavori sottoposti al monitoraggio degli inquirenti, e ritenuti appannaggio del “cartello” delle famiglie sanluchesi sarebbero stati negli anni circa una decina, oltre a incarichi diretti per somme urgenze. È in corso l’appello dell’abbrevia - to: in primo grado il gup ha condannato a 24 anni di reclusione 6 imputati, sempre per illecita concorrenza.

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