Le accuse della Procura distrettuale antimafia sostenute contro Giovanni De Stefano, rampollo della storica ’ndrina di Archi conosciuto con il nomignolo il “principe”, hanno superato anche la valutazione del Tribunale della libertà. Restando in carcere con il pesantissimo fardello accusatorio che grava sulle spalle dallo scorso 22 dicembre, quando è finito in manette insieme ad altre quattro persone nell’ambito di un'inchiesta antimafia, firmata in sinergia dalla Squadra Mobile e dell’Arma reggina: associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni ed estorsione alla ditta impegnata nei lavori di ristrutturazione del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio. La gang del “pizzo”, che secondo la ricostruzione degli inquirenti operava come diretta emanazione della cosca De Stefano, «in almeno quattro occasioni, su input proprio di Giovanni De Stefano, avrebbero preteso la "mazzetta" dalla CO.BAR. per un totale di quasi 200mila euro».
L'approfondimento nell'edizione in edicola della Gazzetta del Sud