L’eccellente lavoro che, da qualche anno a questa parte, stanno svolgendo i magistrati impegnati nei vari uffici della Procura e del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria comincia a dare fastidio a qualcuno. Molto fastidio. Tanto che negli ultimi mesi c’è stata un’autentica escalation di minacce che ha fatto salire la tensione nelle stanze del Palazzo di via Marsala.
Il primo “avviso” è stato ricevuto lo scorso 6 gennaio. Proprio nel giorno dell’Epifania, qualcuno ha attaccato al cancello d’ingresso del Tribunale un foglio stampato, protetto anche da una busta impermeabile, in cui era riportato un articolo di legge e una minaccia in rima: «Quest’articolo non hai applicato e la Befana carbone ti ha portato». A prima vista poteva anche sembrare un gesto goliardico, lo scritto di un poeta da strapazzo che presumeva di avere subito qualche torto dai giudici, tuttavia la cura con cui era stata confezionata la minaccia ha fatto suonare un primo campanello d’allarme. Niente di grave in apparenza e infatti i magistrati non hanno dato molto peso all’episodio e hanno continuato a lavorare con la stessa coscienziosità di sempre magari soltanto con qualche “retropensiero” in più.
Passano le settimane e il secondo “segnale” inquietante arriva nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Qualche minuto dopo la mezzanotte le telecamere poste all’esterno del Tribunale per i minorenni filmano un uomo che con calma olimpica si avvicina al cancello della struttura di via Marsala e lì lascia come “ricordino” una pistola giocattolo che, priva del tappo rosso, a prima vista sembrerebbe proprio autentica. I magistrati hanno visto e rivisto più volte le immagini di quella notte: si vede bene un uomo travisato, camuffato con una simil divisa militare di qualche taglia più grande e con un berretto con la visiera che gli copre il volto. Cammina lentamente e con disinvoltura tenendo la pistola in mano e in bella vista. Sicuramente si tratta di un professionista. Uno che deve lasciare un messaggio e non teme di essere ripreso dalle telecamere, anzi le sfida. Lui vuole essere ripreso e filmato nella sua azione proprio per rendere molto più efficace la sua minaccia ai magistrati.
Qualche giorno fa ecco il terzo “avviso” . Questa volta vengono lasciati sei proiettili con un bigliettino diretti ad un ufficio del servizio sociale che collabora con l’autorità giudiziaria minorile.
Ce n’è quanto basta per capire che la ’ndrangheta non ha gradito e non gradisce affatto l’intervento del Tribunale per i minorenni che, anche ascoltando le accorate richieste di tante madri-coraggio, ha allontanato temporaneamente alcuni minori per la loro tutela da contesti familiari connotati in senso malavitoso per come accertato dalla autorità giudiziaria. Gli inquirenti reggini stanno svolgendo le più opportune indagini per fare piena luce su tali gravi atti di minaccia. Poi, per competenza, dovranno trasferire gli atti alla Procura di Catanzaro.
Il Presidente del Tribunale per i minorenni e il Procuratore per i minorenni non hanno voluto rilasciare alcun commento su questi episodi, limitandosi soltanto a confermare che loro continueranno a lavorare con la stessa abnegazione impiegata fino ad oggi. Le opportunità ambientali, culturali e psicologiche offerte ai minori per una loro possibile scelta di un futuro “diverso” evidentemente non sono gradite alle famiglie di origine all’interno delle quali emergono anche dissidi, divergenze e fratture emotive nei riguardi dei predetti provvedimenti.
Su tale versante c’è ancora molto da lavorare soprattutto sul piano delle coscienze, così come testimonia anche quell’affermazione di un ragazzino, destinatario di un provvedimento a sua tutela con collocamento presso una casa-famiglia, il quale ha chiesto come regalo per la prima comunione «un fucile a pompa con cui sparare a quel giudice….».