Santi Zappalà, l’ex sindaco di Bagnara ed ex consigliere regionale eletto nella lista del Pdl, potrà assistere al suo processo di secondo grado davanti alla Corte d’Appello per voto di scambio politico-mafioso da uomo libero.
Ieri, infatti, il gip Adriana Trapani ha accolto l’istanza presentata dai difensori dello Zappalà, i penalisti Domenico e Andrea Alvaro, e ha ordinato la revoca degli arresti domiciliari sostituendoli con la misura più tenue dell’obbligo di dimora nel comune di Bagnara.
Una storia davvero tormentata – giudizialmente parlando – quella di Santi Zappalà. L’ex politico, infatti, è stato arrestato e processato due volte. E dopo avere già scontato la prima condanna in “Reale 3”, quando è stato arrestato per la seconda volta, poichè era rimasto impigliato nell’operazione “Reale 6”, prima è stato spedito nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo (Udine), quindi gli avvocati hanno ottenuto la concessione dei domiciliari. Nel frattempo a Zappalà è giunta anche la condanna con il rito abbreviato da parte del gup Trapani a 4 anni e 3 mesi di reclusione (i pm antimafia Di Bernardo e Tedesco avevano chiesto 6 anni) ed è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. Dopo la condanna, il gip ha deciso di revocare a Zappalà i domiciliari sostituendoli con l’obbligo di dimora a Bagnara.
Adesso l’imputato e i suoi legali, Domenico e Andrea Alvaro, sono in attesa di leggere le motivazioni della sentenza di “Reale 6” e per potere preparare i motivi di Appello ma intanto hanno incassato il risultato che Zappalà potrà partecipare da uomo libero al processo di secondo grado, dove contano di potere dimostrare l’estraneità del proprio assistito alle accuse che l’hanno portato alla condanna di primo grado.
Nel processo “Reale 6”, i pm Francesco Tedesco e Antonio De Bernardo, hanno ribadito che Zappalà, in occasione delle consultazioni per il rinnovamento del consiglio regionale della Calabria del 2010, avrebbe ottenuto «dall’articolazione della ’ndrangheta operante in San Luca e comuni limitrofi la promessa di voti in cambio della erogazione della complessiva somma di 400mila euro». Gli inquirenti, inoltre, ritengono che parte di tale somma, precisamente 100 mila euro, sarebbero stati versati alla famiglia Pelle “Gambazza” di San Luca mediante remissione 10 assegni circolari dell’importo di 10 mila euro ciascuno.
Oltre a Zappalà, il gup in primo grado ha condannato anche gli altri quattro imputati: 5 anni a Vincenzo Pesce (cl. ’50) e Domenico Arena; 4 anni a Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva e Antonio Pelle (cl. ’86). I condannati dovranno risarcire le parti civili: comune di San Luca, Associazione Antimafie e Antiracket Paolo Borsellino.
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Due rinvii
Una storia complessa
Santi Zappalà è stata già condannato e ha scontato la pena per il reato di corruzione elettorale. Tuttavia ancora è in piedi un “pezzo” di processo riguardante l’aggravante del famoso articolo 7 (avere agevolato la ’ndrangheta). Questa aggravante è stata cassata per due volte dai giudici supremi e attende adesso il secondo giudizio di rinvio limitato proprio all’articolo 7. Ciò per quanto riguarda il procedimento “Reale 3”. Per “Reale 6” dove è imputato di scambio di voto politico-mafioso è in attesa dell’Appello.
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