Le ’ndrine di Cinquefrondi ed Anoia verso il processo. La Procura distrettuale antimafia di Reggio, con provvedimento a firma del sostituto Adriana Sciglio, ha completato in questi giorni l’avviso conclusione delle indagini preliminari dell’operazione “Saggio compagno”. Nell’inchiesta sono coinvolte 60 persone.
Asse mafioso
Il cuore dell’accusa per i vertici dell’asse di ’ndrangheta formato dalle famiglie “Petullà”, “Ladini” e “Foriglio” è «aver fatto parte, con altre persone non ancora individuate, dell’articolazione territoriale dell’associazione mafiosa, operante nei comuni di Cinquefrondi, Anoia e nelle località limitrofe, inserita nel mandamento tirrenico della Provincia di Reggio, la quale avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano nel territorio, attuando un capillare controllo di ogni aspetto della vita pubblica ed economica, poneva in essere una serie indeterminata di delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in materia di commercio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento latitanti, nonché delitti volti ad acquisire la gestione e/o il controllo di attività economiche, in particolare nel settore degli appalti boschivi, ed ogni altra attività illecita strumentale a conseguire per sé e per altri vantaggi ingiusti».
Il capoclan
La strategia, e l’obiettivo, del boss emergente Giuseppe Ladini, era creare una ’ndrina tutta sua. Forte di un esercito di picciotti, che cresceva giorno dopo giorno, era sempre di più Giuseppe Ladini a decidere gli affari, dirimere le controversie tra affiliati compreso l’episodio del fidatissimo Leonardo Tigani (il “saggio compagno” a cui il boss si rivolgeva nelle conversazioni intercettate dando spunto al nome dell’operazione) redarguito severamente quando prese l’iniziativa di dare fuoco alla casa di campagna di un “amico” del clan per vendicare un dispetto da vicinato.
Il pentito
Tra gli indagati anche Rocco Francesco Ieranò, ex braccio destro del boss Ladini ed adesso collaboratore di giustizia. Ai magistrati della Dda reggina è stato lui a delineare l’egemonia sul territorio della ’ndrina in ascesa. Accuse che coincidevano con i riscontri investigativi e le attività tecniche eseguite dai Carabinieri presso l’abitazione di Ladini che confermarono, anche, come continuasse a svolgere affari illeciti nonostante fosse sottoposto a detenzione domiciliare.
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