MELITO
Sognava l’amore della sua vita, ha trovato l’inferno. Il branco l’ha accerchiata, ghermita, vilipesa. Il branco, che secondo la ricostruzione effettuata dai Carabinieri era costituito da: Giovanni Iamonte, Daniele Benedetto, Lorenzo Tripodi, Pasquale Principato, Michele Nucera, Antonio Verduci e Davide Schimizzi (oltre a un minore) l’ha oltraggiata, abusando di lei per lunghissimo tempo. Un fatto di una gravità inaudita, subito passivamente da chi sapeva e ha taciuto e inizialmente anche dalla famiglia della vittima. Il “bisbiglio” della storia attraversata da continui episodi di violenza sessuale, giunto alle orecchie dei carabinieri della locale stazione, diretti dal maresciallo Antonio Caminiti, è stato più che sufficiente a fare scattare il campanello d’allarme. Nel silenzio tombale che rende plasticamente l’immagine del manto di omertà che grava sulla cittadina di Melito Porto Salvo, gli uomini dell’arma si sono messi al lavoro. Fare chiarezza non era solamente una mera questione di compiere fino in fondo il proprio dovere ma andava ben oltre, rappresentando il desiderio di restituire la dignità perduta all’intera cittadina. A lungo hanno “remato” da soli. Senza collaborazione, senza “dritte”. Un anno di duro lavoro, svolto con il brillante coordinamento del capitano Gianluca Piccione, è stato coronato dal successo. Chiuso con l’arresto dei responsabili. Il branco è finito in gabbia. La vicenda incute tristezza e ribrezzo allo stesso tempo, lasciando al contempo una sensazione di amaro in bocca. Le parole di commento del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, sono una scudisciata in faccia a tutti i melitesi. O meglio per tutti coloro che, essendosi accorti che la ragazzina veniva prelevata all’uscita da scuola da soggetti a lei estranei, hanno fatto finta di non vedere. O magari hanno sottovalutato la cosa, particolare che non allevia di un grammo l’immane gravame della responsabilità del silenzio. Silenzio omertoso. Silenzio connivente. Silenzio che schiaccia. Ieri mattina il centro del litorale ionico reggino si è svegliato con la curiosità alle stelle. Cos’era successo nella notte? A casa di chi avevano suonato il campanello i carabinieri? Stavolta però non si trattava di una nuova operazione antindrangheta. Stavolta era qualcosa di peggio (ove possa esserci qualcosa di peggio della criminalità organizzata), difficile da accettare e da mandare giù. Tra bisbigli e discorsi infarciti di “se” e di “ma”, poco prima dell’ora di pranzo la curiosità generale è stata soddisfatta. Ed è stata una nuova mazzata, l’ennesima mazzata alla credibilità collettiva. Nella Melito Porto Salvo dei benpensanti e dei soloni, tra cui trovano inevitabilmente posto i tantissimi “webeti” che sui social fanno a gara per postare esternazioni dotte e frasi di circostanza, è l’ora della riflessione. Da dove partire è veramente difficile, ma quelle parole del procuratore De Raho… «Riprendevi la libertà che la nostra Costituzione ci riconosce, noi siamo qui a dirvi siamo con voi».
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Roccisano
«Fatto orribile, è da brividi»
Il dolore per l’episodio
«Quanto scoperto dalle forze dell’ordine di Melito in queste ore è orribile e fa venire i brividi per l’efferatezza del reato e per la grave complicità generata tra i ragazzi che hanno abusato di una piccola vita per ben due anni». Queste le parole dell’assessore regionale Federica Roccisano.
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