Tutti a processo davanti al Tribunale collegiale di Reggio (prima udienza fissata per il 29 novembre).
I medici coinvolti nell’inchiesta “Mala Sanitas”, l’operazione della Guardia di Finanza che ha svelato il “sistema” di copertura degli errori medici che sarebbero stati commessi nei reparti di Ginecologia, Ostetricia, Neonatologia e Anestesia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria falsificando a colpi di bianchetto le cartelle cliniche dei pazienti, sono stati rinviati a giudizio dal Gup reggino, Nicolò Marino, che ha accolto in pieno le richiesta del tandem della Procura, i pubblici ministeri Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci. Tutti sul banco degli imputati per affrontare un processo con rito ordinario, dopo che un paio di richieste di ammissione al rito alternativo - abbreviato condizionato da alcune consulenze difensive - sono state rigettate dal Giudice.
Ammesse - nonostante la ferma opposizione del collegio difensivo - anche le 13 parti offese, 12 delle quali sono genitori e familiari di neonati che nel corso degli anni avrebbero subito il “sistema” ospedaliero di Ginecologia ed Ostetricia: oltre al direttore pro tempore dell'Azienda ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio.
Anche due ex primari di Ginecologia tra i tredici medici sotto accusa, la cui lista comprende Luigi Grasso (Reggio, 64 anni), Maria Concetta Maio (Reggio, 64 anni), Daniela Manuzio (nata a Taurianova e residente a Reggio, 50 anni), Antonella Musella (nata a Salerno e residente a Reggio, 58 anni), Annibale Maria Musitano (Reggio, 69 anni), Roberto Rosario Pennisi (Reggio, 63 anni), Filippo Luigi Saccà (Reggio, 62 anni), Massimo Sorace (nato a Polistena e residente a Gioia Tauro, 44 anni), Giuseppina Strati (nata a Samo e residente a Reggio, 57 anni), Alessandro Tripodi (Reggio, 47 anni), Pasquale Vadalà (nato a Bova Marina e residente a Decollatura Catanzaro, 68 anni); Mario Gallucci (Reggio, 64 anni); Marcello Tripodi (Reggio, 54 anni). Di questi 4 medici sono stati raggiunti già dal giorno in cui scatto l’operazione “Mala Sanitas” (il 21 aprile scorso) dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, mentre altri 7 furono interdetti dalla professione medica per la durata di un anno.
Le ipotesi di accusa variano, con diversi profili di responsabilità, dalla falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; interruzione della gravidanza senza il consenso della donna.
Accuse rafforzate anche dall'espletamento dell'incidente probatorio, voluto dagli inquirenti, per blindare alcune prove scaturite dalle testimonianze rese nel corso degli interrogatori di garanzia da alcuni degli stessi indagati e di professionisti inizialmente coinvolti nell'indagine ma esclusi nella fase delle indagini preliminari.
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