"Nel territorio di Reggio Calabria le istituzioni sono fortemente isolate, da un lato perché vi è una popolazione totalmente soggiogata dalla forza di intimidazione della 'ndrangheta, dall'altra perché c'é confusione, non si sa con chi ci si rapporta e questo determina distanza tra popolazione e istituzione". Questo il quadro tracciato dal procuratore capo di Reggio Calabria Federico Casiero De Raho in audizione alla Commissione Antimafia.
"Le indagini evidenziano il rapporto tra 'ndrangheta e una rete segreta e come questa rete possa spingere sulle scelte che la città deve fare". Il procuratore ha spiegato ai parlamentari che l'attività del suo ufficio si concentra nel configurare "anche il reato di associazione segreta, che sembrava scomparso in altre Procure". Ha spiegato che tale rete "lega professionisti, uomini della 'ndrangheta di più alto livello e uomini delle istituzioni. Cerchiamo di focalizzare l'esistenza di una rete che anche in passato abbia legato questa zona grigia anche ad appartenenti delle istituzioni, ai servizi segreti e a magistrati". Il procuratore ha parlato di "un sostegno reciproco" in numerosissime iniziative "ed è questo l'elemento di maggiore pericolosità".
"Vi sono 'ndranghetisti che hanno aderito alla massoneria, al Grande oriente d'Italia" ma "è cosa diversa dalla componente segreta, riservata, qui individuata".
"La rete riservata è formata da componenti che restano occulti anche alla massoneria. Non si possono esporre in nessuna forma evidente quali potrebbero essere le associazioni massoniche".
"La città è controllata in modo così profondo che anche la manutenzione di un immobile privato impone il ricorso a soggetti che secondo la 'ndrangheta possono lavorare in quel quartiere. Dall'indagine Araba Fenice emergeva che un lavoro idraulico, o di pittura può essere fatto solo da un soggetto che la 'ndrangheta dice che può lavorare o il lavoro non si fa". Questo il quadro tracciato dal procuratore capo di Reggio Calabria Federica Cafiero De Raho che in audizione in Antimafia ha ricordato gli sviluppi delle ultime inchieste giudiziarie. In particolare il procuratore ha ricordato l'operazione che nel marzo scorso ha portato all'esecuzione di una ventina di custodie cautelari partita dall'esplosione in un bar in via di ristrutturazione. I magistrati hanno accertato come l'apertura di quel bar avesse determinato una guerra tra esponenti di 'ndrangheta, "con un interessamento di soggetti diversi, ma con la preminenza di Giorgio De Stefano, che emerge dall'indagine come soggetto di riferimento" che "deve dire l'ultima parola pure sull'apertura di un bar".
"La mafia controlla tutto" ma "la gente comincia a capire che non si può continuare nello stesso modo, cominciano ad esserci denunce che sembravano impossibili. Lo scorso anno abbiamo avuto 13 collaboratori di giustizia, il che è un numero straordinario". Lo ha detto il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, al termine dell' audizione in commissione Antimafia. "Questo dice che qualcosa sta cambiando, ma la 'ndrangheta è ancora in grado di controllare il territorio, le attività economiche e la politica. La situazione è molto grave", ha sottolineato aggiungendo che si stanno conseguendo risultati e questo incoraggia a ritenere che "in tanti si possono cambiare le cose".