Rosso, lo stesso colore-simbolo della protesta di chi non si piega alla violenza. Rosso, lo stesso colore del sangue del quale si tingono troppe spesso storie di sopraffazione, magari maturate tra le pareti domestiche. Rosso, come il colore delle decine e decine di palloncini che ieri mattina hanno punteggiato l’imponente corteo che ha attraversato parte del Lungomare Falcomatà sino all’Arena dello Stretto e che ha visto sfilare la Calabria che non si rassegna, che non si arrende, che dice no a ogni forma di violenza, che vuol tenere lontano da se quell’immagine di terra di ’ndrangheta che non rende giustizia alla laboriosità di quella maggioranza di gente perbene che ha scelto di non rimanere più in silenzio.
In migliaia ieri mattina hanno voluto sfilare rispondendo così a quell’appello lanciato direttamente dal Governatore Mario Oliverio all’indomani della tragica vicenda della tredicenne di Melito abusata dal branco. Tantissimi i giovani, gli studenti provenienti da ogni angolo della Calabria. Come Ludovica Moro, studentessa di Melito. «Non vogliamo che la violenza faccia parte della nostra vita - ha detto - Diciamo basta. Noi siamo qui perchè vogliamo fare la nostra parte».
Un percorso di affrancamento da retaggi culturali quanto mai penalizzanti lungo il quale lo Stato, le Istituzioni, hanno dimostrato di essere presenti. A marciare sul Lungomare, dietro uno dei tanti striscioni che hanno “raccontato” questa voglia di cambiamento, c’erano anche la presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro per le pari opportunità Maria Elena Boschi e la presidente della Commissione Antimafia Rosi Bindi. Accanto a loro decine e decine di sindaci, provenienti da tutta la Calabria (tantissime le donne) che con indosso la fascia tricolore hanno voluto ribadire questo strettissimo legame che esiste (non sempre, comunque, con la stessa intensità) tra il Centro e i territori, anche quelli più marginali. E poi in corteo anche rappresentanze del mondo sindacale, del volontariato, di chi nei Centri antiviolenza si occupa quotidianamente - con grande professionalità e in silenzio - di dare concretamente una mano a chi vive sulla propria pelle la devastante esperienza della sopraffazione.
Il corteo ha percorso le poche centinaia di metri del percorso programmato quasi tutto d’un fiato. Poi l’arrivo all’Arena dello Stretto che in breve si è riempita sino all’inverosimile. Il riecheggiare delle note dell’inno di Mameli dà il là agli interventi programmati. Quelli degli esponenti delle istituzioni alternati a quelli di alcuni studenti, a voler ribadire e sottolineare quello spirito unitario che deve diventare sempre di più e sempre meglio l’arma in più per sconfiggere ogni forma di violenza, comunque e ovunque si manifesti.
Tuona la presidente della Camera Laura Boldrini che ha intrecciato in un’unica trama la drammatica vicenda di Melito con la quotidiana azione di contrasto ad ogni condizionamento. «Bisogna dire no alla ’ndrangheta ma bisogna dire no anche all’indifferenza - ha sferzato l’uditorio -. A Melito è accaduto qualcosa di inaccettabile, ai danni di una bambina, per due anni. Siccome la violenza sulle donne non è un fatto privato, ma una violazione dei diritti umani, lo Stato ci deve essere. E oggi lo Stato è qui a Reggio. A chi usa violenza non possiamo che dire: rassegnatevi, noi non molliamo. Noi siamo qui».
Diretto l’affondo anche della presidente dell’Antimafia Rosi Bindi che ha rilanciato la necessità di abbattere il muro dell’omertà. Quella stessa omertà che, nella vicenda diMelito, «ha spinto ad esprimere solidarietà alle “famiglie del branco” anziché a quella della giovanissima vittima, così duramente colpita».
Il ministro delle pari opportunità Maria Elena Boschi ha voluto invece sottolineare da una parte il valore della denuncia («Altro che donne disonorate, dobbiamo invece dire grazie a chi ha avuto il coraggio di denunciare») e dall’altra annunciare lo stanziamento di 31 milioni di euro a sostegno delle attività dei Centri antiviolenza».
Tanti gli interventi dal palco - tra gli altri quelli del sindaco della Città metropolitana Giuseppe Falcomatà e del prefetto di Reggio Michele di Bari - conclusi da quello del Governatore Mario Oliverio. «Ho voluto questa non perché da sola risolva il problema o rappresenta la risposta. L’ho fatto proprio perché da questa terra, la Calabria, che è afflitta da tanti problemi, sul piano economico, sociale e dei servizi, partisse un messaggio forte: mai più indifferenza, mai più girare la testa dall’altra parte». (a. m.)