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Avvocati Romeo e De Stefano sovraordinati a cosche

Avvocati Romeo e De Stefano sovraordinati a cosche

"Gli elementi di prova consentono di concludere nel senso che gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo sono realmente sovraordinati rispetto alla 'ndrangheta operativa". A scriverlo sono i giudici del Tribunale del riesame di Reggio Calabria nella motivazione della decisione con cui nei mesi scorsi hanno rigettato il ricorso di Romeo contro l'ordinanza emessa il 15 luglio scorso dal gip su richiesta della Dda nell'ambito dell'inchiesta Mammasantissima. Insieme a Romeo - ex parlamentare del Psdi già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa e detenuto dal 9 maggio scorso per un'altra inchiesta - sono stati arrestati Antonio Stefano Caridi, dopo l'autorizzazione a procedere da parte del Senato, e ancora l'avv. Giorgio De Stefano, cugino del capo storico della cosca Paolo, ucciso nel 1985 nella guerra di mafia, ma lontano dall'ala militare; l'ex assessore e consigliere regionale Alberto Sarra e Francesco Chirico, ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco della cosca De Stefano. I giudici, accogliendo la ricostruzione della Dda e del pm Giuseppe Lombardo che ha coordinato il lavoro del Ros dei carabinieri, affermano che "le condotte di cui Romeo si è reso protagonista, attraverso una capillare rete di rapporti e relazioni che hanno consentito allo stesso di dirigere e gestire la vita politica della città di Reggio, siano chiara espressione della posizione apicale rivestita non solo e non tanto nell'ambito della cosca De Stefano quanto, ancora ed a maggior ragione, nell'ambito della struttura apicale e riservata che dirige strategicamente la 'ndrangheta". Nelle motivazioni i giudici affermano che "il collegio rileva che se l'attività politica svolta inizialmente in prima persona è stata funzionale agli interessi della 'ndrangheta di vertice di conseguire l'obiettivo della piena autonomia operativa, nei termini descritti dai collaboratori di giustizia, l'insorgere delle problematiche giudiziarie ha imposto loro (Romeo e De Stefano, ndr), nell'intento di mantenere e, anzi, di rafforzare, tale ruolo, di ricorrere a personaggi nuovi e puliti, ma disponibili ad operare nella direzione strategica individuata da De Stefano e da Romeo affinché gli interessi della 'ndrangheta potessero trovare concretizzazione mediante una vera e propria infiltrazione degli enti di rango costituzionale, tanto locali che nazionali". "In ordine alle modalità con cui i due indagati interagivano", il collegio "sottolinea come estremamente significative risultino le dinamiche che hanno presieduto alle elezioni comunali del 2002 e del 2007 nonché alle regionali del 2010. Le conversazioni captate, pur attestando il diverso approccio di De Stefano rispetto a Romeo nei confronti della politica consentono di collocare entrambi in un livello criminale che non può che essere superiore, di tipo strategico. Gli stessi, infatti, sono riusciti nel corso degli anni a controllare l'esito di intere tornate elettorali e, dunque, le compagini politiche che erano destinate ad affermarsi. E' chiaro che ciò rappresenta il frutto di una precisa strategia politica (scelta dei candidati, formazione delle liste e creazione delle alleanze) rispetto alla quale i voti riconducibili alla 'ndrangheta, da raccogliere a cura dei singoli candidati, hanno incidenza minore, in quanto occorrono, nella prospettiva espressa dallo stesso De Stefano, patti di più ampio respiro, da asservire, poi, alle esigenze della 'ndrangheta stessa. Del medesimo avviso è Romeo, nelle cui mani i soggetti politici a cui carico si procede divengono consapevole strumento di potere".( A.A.)

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