Il giorno dopo è quello della riflessione: emergono i particolari dell’operazione “Sansone” contenuti nelle 1400 pagine del decreto, con 26 fermati e oltre quaranta sono i nomi di quanti a vario titolo hanno partecipato al sodalizio mafioso per favorire richieste estorsive, danneggiamenti anche con armi ed esplosivi e che, con ogni probabilità, risulteranno iscritti nel registro degli indagati. Tra questi non vi è il sindaco sospeso di Villa San Giovanni, Antonio Messina. Lo chiarisce a chiare note lo stesso Messinai: «Non sono stato oggetto di alcun avviso di garanzia». Il suo nome compare in un passaggio relativamente ad alcune conversazioni telefoniche “captate” sulle utenze in uso all’assessore e vicesindaco di Villa nell’ambito del procedimento Meta, “dalle quali si desume che Bruno Genoese, pur in assenza di un atto formale, era investito di poteri di rappresentanza della società Mts poiché veniva incaricato dall’amministrazione comunale di Villa, in particolar modo dall’assessore-vice sindaco Antonio Messina, a effettuare nelle strade cittadine operazioni di raccolta rifiuti”. Ed è lui Genoese uno dei taglieggiati dalla cosa Zito-Bertuca a pagare il pizzo perché la società cooperativa messinese è appaltatrice dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Villa. È un dipendente della società a fare da tramite e a dire al rappresentante della Mts che uno degli arrestati (Alfio Liotta) vuole vederlo. Dal carcere di Palmi il boss Pasquale Bertuca (come è prassi negli oltre 20 casi documentati tra estorsioni e “liberalità”), per il tramite del nipote Vincenzo Sottilaro, che impartisce ad Alfio Liotta l’ordine di attivarsi con “quello dell’immondizia” per riscuotere “la somma residua del provento estorsivo solo in parte soddisfatto dal Genoese”. E Genoese paga il pizzo che servirà, sempre dalle intercettazioni, a sostenere le spese legali. Come Genoese pagano tutti quelli avvicinati dagli uomini del clan Bertuca-Zito: nel decreto di fermo compaiono i nomi di appaltatori più o meno facoltosi per lo più del settore edile (Giglietta, Viglianisi, Parisi, Gattuso, Bellantone, Marcianò, Scopelliti, Natale Siclari e Franco Siclari), ma anche nel settore dei trasporti come Scarano, e anche il dott. Pino Pizzimenti titolare di Cefik fisioterapia. E paga l’associazione temporanea di imprese Cem srl-Movi.Ter.Co.Tra impegnata nella realizzazione del Lido del finanziere a san Gregorio. I racconti sono quasi sempre uguali: Pasquale Bertuca impartisce gli ordini durante i colloqui alla sorella Felicia, al nipote Vincenzo Sottilaro (talvolta anche all’altro nipote Francesco Sottilaro). Ma i referenti sono tanti e tutti si presentano in nome e per conto di fronte a imprenditori e loro dipendenti, per ricordare gli accordi presi e le scadenze prossime. Anche imprenditori vicini alla cosca pagano: lo fanno i cugini Calabrese che chiedono a quanti mettono un mattone in città di pagare a loro volta. Certo gli importi sono diversi: vanno da 500 a 2000, a 6500 euro. Le richieste hanno quasi sempre la motivazione del pagare le spese legali. E le richieste estorsive si intensificano a ridosso delle festività natalizie. Alcune estorsioni sembrano assumere la veste di contribuzioni, sempre richieste e sempre versate. Gli uomini del clan sono forti della loro appartenenza e del nome che spendono: la città lo sa e probabilmente è per questo che il clima che si respira dopo l’operazione Sansone è rarefatto.In pochi commentano se non nelle immediatezze degli arresti. In molti aspettano di saperne di più. Nessuno è sorpreso che la ‘ndrangheta avesse le mani sui primi appalti del Ponte e sulla Salerno-Reggio. E tutti aspettano l’esito degli interrogatori di garanzia dei fermati, tra i quali c’è anche Alessandro Idone.
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