Tra le sette assoluzioni del processo “Il Padrino” (troncone abbreviato) spicca quella di Francesco Pellicano, un medico finito sulla graticola giudiziaria perchè ritenuto al servizio della cosca Tegano anche per le accuse dei pentiti Roberto Moio e Antonino Fiume che l’avevano espressamente etichettato come «organico» alla potente dinastia mafiosa di Archi.
Adesso il Giudice spiega le ragioni dell’assoluzione, partendo proprio dall’evanescenza del quadro accusatorio sostenuto dai collaboratori di giustizia: «Si tratta di chiamate generiche, prive della concretezza e della specificità necessarie a provare il ruolo “organico” e “dinamico” richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, in mancanza di indicazioni sulle effettive prestazioni rese da Pellicano, sulle circostanze (e sulle modalità) in cui si adoperò, come medico, a favore dei presunti sodali e sul tipo di rapporto intrattenuto con professionisti e politici». Ed ancora: «Gli ulteriori elementi offerti dalla pubblica accusa, provenienti per lo più da attività tecniche, non conferiscono maggiore solidità al quadro probatorio. Non è possibile, in assenza di dati fattuali, qualificare di illecito, ad es. l’interessamento del dottore Francesco Pellicano (insieme al fratello Giovanni) per le sorti dell’allora latitante Antonio Pelle (il boss di San Luca meglio noto come “Gambazza”), che si era spontaneamente portato presso l’ospedale, ben sapendo che sarebbe stato arrestato; certo, l'imputato conosceva la caratura mafiosa del paziente, ma ciò non dimostra che egli abbia volontariamente esorbitato i limiti derivanti dalla sua professione, piegandola alle esigenze della cosca».