Reggio Calabria
«Il progressivo incremento di detenuti stranieri, in gran parte scafisti di fede islamica, ovvero detenuti di etnia sinti, tossicodipendenti e detenuti sottoposti a terapia psichiatrica, ragion per cui una simile frammistione detentiva desta preoccupazione in termini di sicurezza, non senza sottacere il concreto rischio di fenomeni di radicalizzazione del terrorismo». Questo passaggio, contenuto nella relazione annuale del garante dei detenuti di Reggio Calabria Agostino Siviglia presentata nell’aula del Consiglio comunale di Reggio, lascia intravedere una seria criticità della situazione dei due istituti penitenziari reggini “Arghillà” e “Panzera”. Un passaggio inserito, però, in un contesto tutto sommato positivo.
I due istituti di “Arghillà” e “Panzera”, seppur in maniera contenuta rispetto al recente passato, soffrono un progressivo sovraffollamento penitenziario (ad Arghillà, al 30 settembre del 2016 a fronte di una capienza regolamentare di 302 detenuti, erano presenti 307 detenuti, di cui 81 stranieri); permane la carenza di personale di polizia penitenziaria e dell’area pedagogica soprattutto per il nuovo istituto penitenziario. Nell’altro carcere, a fronte di una capienza regolamentare di 186 detenuti, sempre a fine settembre del 2016, ne erano presenti 222 di cui 12 stranieri e 28 donne (va ricordato, per vero, che Reggio è, insieme a Castrovillari, l’altro istituto penitenziario calabrese in cui è presente un’apposita sezione femminile).
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