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Colpi di pistola al rivale in amore e false testimonianze

Colpi di pistola al rivale in amore e false testimonianze

Svolta processuale per la sparatoria di Motta San Giovanni del 9 luglio 2016 quando - apparentemente misteriosamente - è stato ferito il giovane Davide Scollica. La Procura di Reggio ha notificato ai quattro indagati l’avviso della conclusione delle indagini preliminari. Ipotesi di reati separate per Mario Antonino Franco (27 anni), Davide Scollica (23 anni), Fabio Malara (29 anni) e Caterina Esposito (55 anni), seppure inerenti il medesimo scenario d’accusa. Perchè verso il processo non c’è soltanto il giovane che avrebbe impugnato una pistola calibro “6,35” ed esploso cinque colpi di pistola contro il rivale in amore, ma ci sono anche la stessa vittima, la madre e un testimone oculare dell’episodio (che accompagnò l’aggressore sul luogo designato per il chiarimento d’amore degenerato in un tentato omicidio) per aver raccontato il falso su dinamica e movente del tentato omicidio.

Queste nel dettaglio le accuse sostenute dal pubblico ministero, Walter Ignazitto: Mario Antonino Franco «perchè compiva atti diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Davide Scollica sparando al suo indirizzo cinque colpi di pistola calibro 6.35 e colpendolo alla nuca, al braccio e all’avanbraccio sinistro, alla regione temporo-mandibolare sinistra ed ascellare destra» e «perchè illegalmente deteneva e portava in luogo pubblico una pistola calibro 6,35 arma comune da sparo»; Davide Scollica «perchè, dopo che furono commessi i delitti (tentato omicidio ai suoi danni e porto illegale di un’arma comune da sparo), aiutava Mario Antonino Franco ad eludere le investigazioni dell’Autorità rendendo dichiarazioni false dinanzi ai Carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo (in particolare asseriva di non conoscere chi gli aveva sparato; attribuiva il gesto criminale a due individui dal volto travisato sopraggiunti a bordo di uno scooter; negava di conoscere la ragione dell’aggressione»; Fabio Malara «perchè dopo che furono commessi i delitti (tentato omicidio ai danni di Davide Scollica e porto illegale di un’arma comune da sparo) aiutava Franco Mario Antonino ad eludere le investigazioni dell’Autorità, rendendo dichiarazioni false dinanzi ai Carabinieri (in particolare asseriva di non essere stato presente al momento del ferimento di Scollica e di essere stato chiamato solo successivamente; di non aver parlato con Scollica di come si erano svolti i fatti; non forniva indicazioni utili a risalire all'autore del reato che ben conosceva)»; Caterina Esposito, invece, perchè dopo il tentato omicidio ai danni del figlio «aiutava Franco Mario Antonino ad eludere le investigazioni dell’Autorità rendendo dichiarazioni false dinanzi ai Carabinieri (in particolare asseriva di non essere a conoscenza dei motivi per cui il proprio figlio era stato attinto da colpi di arma da fuoco escludendo che lo stesso avesse “problemi con qualcuno”: circostanze non veritiere atteso che era stata informata da Scollica in ordine all'autore, alle ragioni ed alle modalità del tentato omicidio, come dalla conversazione del 14 luglio 2016 intercettata in ambientale all'interno della stanza ospedaliera in cui la vittima era ricoverata)».

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