Priorità al diritto-dovere di accudire il figlio minorenne, soprattutto se versa in gravi difficoltà di salute. In base a questo principio un detenuto, seppure condannato (in primo grado) per reati di mafia nell’ambito del processo “Eclissi” (l’inchiesta della Dda reggina che ha svelato le ingerenze della ’ndrangheta nel Municipio di San Ferdinando), Giuseppe Gioffrè, 36 anni, usufruirà del permesso «a poter visitare il figlio per due volte al mese, in date da concordarsi con la direzione della casa circondariale dove lo stesso è recluso, potendo trattenersi ogni volta per la durata di tre ore, viaggio escluso».
A disporre l’autorizzazione a favore dell’uomo sono stati i giudici del Tribunale di sorveglianza di Reggio, che hanno accolto la richiesta avanzata dal legale di fiducia della famiglia Gioffrè, l’avvocato Giacomo Iaria.
Non è stato facile per la difesa risolvere questo iter, approfondito grazie a una voluminosa documentazione medica e dalle relazioni sociali che hanno attestato il problematico quadro familiare. Secondo il Magistrato di Sorveglianza, infatti, rilevato che «permangono le condizioni che hanno giustificato la concessione delle visite al figlio minore infermo; vista la peculiare patologia di cui è affetto il minore e alle concomitanti condizioni di difficoltà sul piano psicologico della moglie del detenuto sulla quale ricade il peso della gravosa situazione familiare» ed avendo accertato «le gravi condizioni di salute del figlio minore» come previsto dall’ordinamento penitenziario, «al fine di assicurare al ragazzino nel contesto dove la propria difficile quotidianità l'apporto di riferimento genitoriale di cui sarebbe diversamente privo» autorizza il detenuto a visitare il figlio. (fra.t.)