Il Comune di Laureana di Borrello sta vivendo la sua prima drammatica esperienza di ente sciolto per infiltrazioni della ’ndrangheta. Ma quello che si evince leggendo la relazione della commissione d'accesso antimafia confluita nel decreto di scioglimento fa intravedere profili inquietanti di gestione. Tutto parte dopo l'indagine giudiziaria denominata «Lex», con 45 arresti.
«Dall'indagine – si legge – sono emersi rapporti di stretta contiguità tra gli amministratori comunali». Nelle elezioni del 2012 gran parte degli amministratori avevano già fatto parte della precedente consiliatura e, taluni, anche di quella eletta nel 2002. «Ben sette degli undici componenti il consiglio comunale, pari a circa il 64% dell'intero collegio, erano presenti anche nella compagine eletta nel 2007; lo stesso ex sindaco ha ricoperto più incarichi nel corso delle diverse consiliature».
Lavori pubblici
Come sempre, gli appetiti delle cosche si concentrano sui lavori pubblici: «Nell’ambito delle attività del settore dei lavori pubblici viene posta in rilievo l'illegittima ed anomala ingerenza degli organi politici sull’operato dell’apparato amministrativo. La relazione del Prefetto evidenzia il ruolo svolto da due amministratori e da un dipendente a beneficio degli interessi delle due cosche operanti sul territorio laureanese. L’attività giudiziaria ha accertato l'esistenza di un tacito accordo tra esponenti della locale criminalità e i citati soggetti, in base al quale nell’assegnazione dei lavori pubblici era previsto che ad una ditta riconducibile ad un’organizzazione criminale venissero assegnati gli interventi di importo minore, mentre per quelli di importo più rilevante ne beneficiasse una diversa azienda vicina ad un’altra organizzazione malavitosa. È emerso peraltro – dalla relazione della commissione d'indagine – che il sindaco e il vice sindaco, pur consapevoli di tale gestione, non hanno mai contrastato tale modus operandi. In particolare un amministratore indicava al competente ufficio tecnico i nominativi da invitare alle gare».
Duro il giudizio sull'attività degli uffici, con determine prive di motivazioni: «La propensione dell’ente ad operare in violazione del principio di legalità è rappresentata dalla circostanza che buona parte degli affidamenti sono stati disposti in favore di società destinatarie di certificazione interdittiva antimafia».
I rifiuti
«L'esistenza di cointeressenze tra criminalità organizzata ed amministratori locali è emersa anche dalla complessa procedura di affidamento del servizio di spazzamento, raccolta e conferimento dei rifiuti, aggiudicata ad una società la cui titolarità è riconducibile ad una locale famiglia mafiosa destinataria nel corso del 2016 da parte della locale Prefettura del diniego di iscrizione alla white list. Al riguardo il prefetto di Reggio Calabria evidenzia che la gara, effettuata nel gennaio 2014 e caratterizzata da significative anomalie e irregolarità, è stata presieduta dal citato dipendente comunale alla presenza del sindaco, del vice sindaco e di un assessore».
Da scuola a palestra
«È emblematica – si legge nella relazione – la vicenda dell’assegnazione di altro immobile comunale, precedentemente adibito a scuola, ad un’associazione culturale dei cui soci – appartenti prevalentemente alla stessa famiglia – uno ha assidue frequentazioni con più esponenti di spicco della criminalità organizzata. Dalle indagini giudiziarie è emerso che l'assegnazione dell'immobile comunale è stata disposta in assenza di titolo concessorio e che lo stesso non è stato utilizzato per finalità culturali ma adibito a palestra e quindi a fini di lucro».
Anche l’affidamento del campo di gioco per la squadra locale è finita sotto la lente della commissione d’accesso antimafia. Poi la squadra venne sequestrata anche nel corso dell’operazione “Lex” e per i commissari ispettivi è uno dei motivi di legame tra gli amministratori e le cosche locali.