Reggio

Lunedì 25 Novembre 2024

Beni per due milioni sequestrati a Francesco Stipo

Beni per due milioni sequestrati a Francesco Stipo

Nella mattinata del 12 luglio 2017 i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno proceduto al sequestro, si sensi della vigente normativa antimafia, di beni mobili, immobili e prodotti finanziari, per un valore stimato di circa 2.000.000 euro, operato nei confronti di STIPO Francesco, imprenditore edile 44enne di San Luca (RC).

Soggetto già “noto” alle Forze dell’Ordine per i suoi numerosi precedenti penali, STIPO è ritenuto contiguo alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca Romeo alias “Staccu” operante in particolare nella Locride e in tutto il territorio italiano, in quanto genero del defunto ROMEO Sebastiano, cl. 1931, già ritenuto al vertice della locale di ‘ndrangheta di San Luca,  cognato di ROMEO Antonio, cl. 1956, alias “Avvocaticchio”, già latitante, cognato di PELLE Antonio, cl. 60, sorvegliato speciale di P.S. ritenuto affiliato alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca PELLE “Gambazza”. Forte è, inoltre, il legame tra lo STIPO e il cognato GIORGI Giuseppe, cl. 61, alias “U Capra”, elemento di spicco dell’omonima consorteria arrestato lo scorso 2 giugno dai Carabinieri di Reggio Calabria dopo una lunga latitanza. Tra i beni sequestrati stamani vi sono, infatti, anche i  circa 160.000 Euro, in banconote di vario taglio, rinvenuti proprio il 2 luglio, durante le operazioni di perquisizione seguite alla cattura del cognato-latitante, presso l’abitazione di STIPO, occultate all’interno di un intercapedine ricavata in una parete. Ma esiste un precedente, già nel 2007 all’interno dello stabile dove risiede l’interessato veniva rinvenuto un “bunker” presumibilmente utilizzato da esponenti della cosca durante la latitanza.

STIPO Francesco, oltre alle parentele con i soggetti appena elencati, vanta un curriculum criminale di rilievo, in particolare veniva arrestato nell’ambito dell’operazione della DDA reggina convenzionalmente denominata “ITALIA CHE LAVORA” perché ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso, frode in pubbliche forniture ed illecita ingerenza in appalti pubblici. Nel 2014, inoltre, veniva condannato alla pena di quattro anni di reclusione poiché ritenuto responsabile di illecita concorrenza con violenza o minaccia aggravata dall’aver agevolato organizzazioni di tipo mafioso e/o per aver utilizzato il metodo mafioso.

Oltre al denaro e ad una serie di conti correnti, libretti di deposito, titoli, azioni, obbligazioni e quote azionarie riconducibili all’interessato ed al suo nucleo familiare, sono stati sequestrati anche diversi beni mobili e  immobili oltre all’impresa edile riconducibile allo STIPO.

L’uomo, nella circostanza, è stato anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza.

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