La Dia di Reggio Calabria ha eseguito un decreto emesso dalla Corte d'appello di Reggio Calabria con cui é stata confermata la confisca dei beni per un valore di 324 milioni di euro nei confronti di un imprenditore oleario, Vincenzo Oliveri, morto il 14 gennaio scorso. I beni, secondo quanto é emerso dalle indagini, sarebbero provento di una serie di truffe nella percezione di contributi dell'Unione europea ed erano riconducibili adesso, dopo la morte di Vincenzo Oliveri, agli eredi dell'imprenditore oleario, la moglie, Domenica Rosa Carnovale ed i figli Giovanni e Matteo Giuseppe. La confisca riguarda 15 società dei settori agricolo-oleario e turistico-alberghiero ed 88 immobili in Calabria, Abruzzo e Toscana. Tra i beni confiscati un resort di lusso a Giulianova (Teramo) ed un'altra struttura alberghiera di pregio a Borgia (Catanzaro). La confisca dei beni, confermata dai giudici d'appello, era stata disposta in primo grado dal Tribunale di Reggio Calabria nel gennaio del 2016.
La Corte d'appello di Reggio Calabria, nel decreto con cui ha confermato la confisca, ha sostenuto che "non vi è dubbio che la storia giudiziaria ed imprenditoriale di Vincenzo Oliveri comprovi come costui sia stato abitualmente dedito a traffici delittuosi ed abbia vissuto abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose". Anche in relazione al versante patrimoniale della proposta della Dia di Reggio Calabria, la Corte d'appello ha evidenziato che "a fronte della pericolosità sociale di Oliveri, è del tutto consequenziale che quanto finanziariamente lucrato mediante quell'attività fraudolenta sia stato immesso nel circuito produttivo della costellazione di aziende che costituivano l'universo imprenditoriale degli Oliveri, facendo sì che si attuasse quel meccanismo moltiplicatore che consente una crescita esponenziale dell'impresa, che altrimenti non avrebbe raggiunto quelle dimensioni notevoli che invece ha potuto conseguire". (ANSA)